Aborto, la sinistra tradisce pure Berlinguer
Il presidente francese Macron ha sollevato la questione dell’aborto al G7 (uscendone sconfitto) per propaganda personale. Ma ne è scaturito un assalto politico del Pd e dei giornaloni a Giorgia Meloni. Perché? La legge sull’aborto c’è già, dunque su cosa nasce lo scontro? La polemica iniziò alla nascita dello stesso governo Meloni, quando la premier affermò di non voler toccare la legge 194, ma di volerla (...) applicare integralmente, anche nelle parti che possono aiutare la donna a decidere di non abortire.
Da allora, incredibilmente, i partiti di sinistra attaccano la premier che – a loro avviso – attenterebbe al “diritto di abortire”. In realtà lei fa riferimento proprio alla filosofia della legge 194, votata dal Pci, filosofia che dal partito guidato da Enrico Berlinguer fu particolarmente enfatizzata. Ma che oggi il Pd e la sinistra hanno rinnegato. Così, paradossalmente – oggi è la Meloni – non la Schlein- che può citare le parole di Berlinguer, molto imbarazzanti per il Pd. Se la Meloni indicesse una manifestazione con il titolo “Perché nel futuro dei giovani non ci sia più l’aborto”, cosa accadrebbe? La sinistra si solleverebbe immediatamente. Eppure era proprio questo il titolo della manifestazione del Pci, a Firenze, il 26 aprile 1981, con Berlinguer, che definì tale parola d’ordine «bella e giusta».
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Si era nella campagna referendaria sull’abrogazione di alcune parti della legge 194 e il Pci difendeva energicamente quella legge. Berlinguer, in quel comizio, disse parole che – se fossero pronunciate oggi dalla Meloni - scatenerebbero il finimondo: «Anzitutto deve essere chiaro a noi stessi e agli altri» disse il Segretario del Pci «che noi, in quanto fautori della legge 194 e anche in quanto comunisti, non difendiamo l’aborto, non lottiamo per la libertà di abortire, non riteniamo l’aborto una conquista civile, né tantomeno un fatto positivo. Così come la legge non approva, né favorisce in alcun modo l’aborto, così come le donne che hanno lottato per la fondazione di questa legge, e la società, lo Stato che tale legge hanno promulgato, non promuovono, né accettano, né approvano l’aborto».
Dopo tale premessa – che oggi sarebbe esplosiva – Berlinguer spiegò che la legge riconosce l’esistenza della piaga dell’aborto e, pur rendendolo legale e assistito, cerca «con opportuni strumenti legislativi di contenerne i guasti e di avviare mutamenti culturali e mutamenti sociali che tendano gradualmente a farlo scomparire come atteggiamento culturale e come fatto sociale. Noi non siamo dunque abortisti, l’aborto resta per noi un male».
Poi il leader del Pci rivendicò la parte positiva della 194: «Con la legge si dà inizio per la prima volta all’opera fondamentale della prevenzione. La legge ha avviato così l’unico modo possibile per ridurre l’aborto e giungere, gradualmente certo, alla sua scomparsa». Perciò abolire la legge – disse – «vorrebbe dire rendere assolutamente inutile ogni opera di prevenzione o di dissuasione dall’aborto». Berlinguer tornò a riprendere, enfatizzandolo, questo tema – che è esattamente ciò che oggi la sinistra contesta alla Meloni – e disse: «La legge per la prima volta mette in essere un’opera di prevenzione rivolta al superamento dell’aborto. Naturalmente è un’opera di lunga lena e richiede che si lavori in molte direzioni. Anzitutto bisogna creare strutture adeguate in tutto il Paese».
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Infine aggiunse: «La legge è solo un primo passo sulla via della prevenzione e quindi del superamento dell’aborto. (...) La vita sia della donna che del nascituro sarà tutelata solo quando verrà posto in atto tutto un complesso di leggi e di strutture nuove in tutti i settori della vita sociale. Solo una radicale e nuova scelta politica e culturale potrà liberare progressivamente la donna dal bisogno di abortire e quindi tutelare sufficientemente la vita sia della madre che del concepito».
Naturalmente anche in campo laico si levarono diverse voci contro questa impostazione, cioè contro la legge 194.
Per esempio Norberto Bobbio fu critico con la legge, contestandola da filosofo del diritto, e si espresse in difesa della vita del nascituro in base alla morale laica e umanista. Ma quello che tutti condividevano con i cattolici – sia Berlinguer, che Bobbio, che Pasolini – era il giudizio sull’aborto in sé ritenuto un male, una tragedia sia per la donna che per il concepito. La legge 194 fu confermata dal referendum con la convinzione – illustrata da Berlinguer – che fosse un mezzo per limitare un male, per renderlo meno traumatico e per avviarsi alla sua prevenzione fino alla sua scomparsa.
Ma di recente è accaduto qualcosa di segno opposto. Decidere – come ha fatto Macron in Francia – di inserire addirittura l’aborto nella Costituzione francese significa trasformarlo in un valore positivo da promuovere. Macron, con la velleità napoleonica di guidare il mondo, ha poi ottenuto che pure il Parlamento europeo si esprimesse in tal senso e hanno votato con lui i partiti italiani del centrosinistra. Con questa ideologia l’aborto non è più un male da contenere e prevenire, ma diventa un valore positivo. Ciò contraddice Berlinguer, la storia della sinistra e le leggi che negli anni Settanta legalizzarono l’aborto.
Anche in Francia. Giuseppe Anzani ha ricordato che «la legge ottenuta nel 1975 da Simone Veil», quella ancora in vigore, «fu accompagnata da queste sue parole: “Nessuno può provare soddisfazione profonda nel difendere un testo simile su questo tema: nessuno ha mai contestato che l’aborto sia un fallimento e un dramma”». Contro l’aborto si sono espressi i Papi, da Giovanni Paolo II a papa Francesco, e autorevoli laici come Norberto Bobbio (padre del pensiero progressista). Ma, quanto alla legge, la Meloni, per la sua battaglia di oggi, può rifarsi a Simone Veil e, nel concreto dell’applicazione della 194, addirittura a quel Berlinguer che la Schlein ha rappresentato sulla tessera 2024 del Pd, ma che, di fatto, ha rinnegato preferendogli Macron, portando così il Pd e la sinistra nel baratro nichilista.
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