Francia, il sondaggio che spaventa: "Torna la sinistra dura e pura"
Un sondaggio pubblicato venerdì dall’istituto Cluster 17 per il settimanale Le Point mostra che in vista delle elezioni legislative francesi (primo turno 30 giugno, secondo turno 7 luglio) il Nuovo fronte popolare, l’ammucchiata delle sinistre socialista, ecologista, comunista e mélenchonista, potrebbe ottenere il 28,5% dei voti, in un testa a testa col Rassemblement national (Rn), il partito sovranista di Marine Le Pen e Jordan Bardella, accreditato al 29,5%.
Se la tendenza si confermasse nelle urne, il Nuovo fronte popolare avrebbe dunque a disposizione tra i 190 e i 235 deputati all’Assemblea nazionale. E in caso di sorpasso ai danni di Rn costringerebbe inevitabilmente il presidente della Repubblica, Emmanuel Macron, a una coabitazione: uno scenario che l’inquilino dell’Eliseo vorrebbe evitare a tutti i costi e che teme tanto quanto l’ipotesi di un Rn vincente. «La sinistra repubblicana e i suoi leader si sono appena alleati con l’estrema sinistra, che durante la campagna elettorale si è macchiata di antisemitismo, comunitarismo e antiparlamentarismo», ha dichiarato Macron mercoledì durante la prima conferenza stampa post-europee, prima di aggiungere: «Cosa decideranno sui valori della Repubblica e sul loro rapporto con il Parlamento? Cosa decideranno sul nucleare e sull’energia?».
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Venerdì, i rappresentanti delle forze di sinistra riuniti sotto l’ombrello del Nuovo fronte popolare, Partito socialista, Europe Écologie les Verts, Partito comunista francese e France insoumise, hanno presentato il loro programma in caso di trionfo alle elezioni legislative, che non è altro che un’operazione di smontaggio di quanto costruito da Macron dal 2017 in poi: l’abrogazione della sua riforma previdenziale e un ritorno all’età pensionabile a 60 anni; il ripristino dell’Isf (l’impôt sur la fortune), ossia la patrimoniale; la soppressione della nuova riforma del governo in materia di indennità di disoccupazione e della legge sull’immigrazione.
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«Verso una Sesta Repubblica» e in vista di «abolire la monarchia presidenziale», secondo le parole battagliere del Nuovo fronte popolare. È evidente che, con la galassia delle sinistre a Matignon (sede del premier) e Macron all’Eliseo, si andrebbe verso un’instabilità politica pericolosamente inedita nella storia della Quinta Repubblica. Dando un’occhiata, poi, ai vari candidati investiti dal Nuovo fronte popolare, la situazione sembra ancora più inquietante. Nella circoscrizione della Seine-Saint-Denis, il Nuovo fronte popolare ha imposto la candidatura di Aly Diouara, noto islamista di origini gambiane, sostenitore dell’imam radicale Hassan Iquioussen, ossessionato dai «bianchi» e dagli «ebrei», e che in un messaggio su X prima delle elezioni ha definito Raphaël Glucksmann, capolista alle europee dei socialisti, il «candidato sionista». Nella prima circoscrizione di Parigi, è Raphaël Kempf a difendere i colori delle sinistre. Ma chi è costui? È l’avvocato dell’associazione ecologista radicale Soulevèments de la Terre ma anche di Yassine Attar, fratello di Oussama Attar, ossia del mandante degli attentati jihadisti del 13 novembre 2015.
DIVISIONI INTERNE
Nella circoscrizione di Avignone, un altro profilo voluto da Mélenchon suscita parecchi malumori: quello di Raphaël Arnault, leader antifa attivo nell’estrema sinistra violenta (il collettivo Jeune Garde) e schedato “S” e noto ai servizi segreti. I socialisti hanno depositato un ricorso per annullare la sua candidatura, ma difficilmente la spunteranno. Infine c’è il caso di Adrien Quatennens, lo scudiero di Mélenchon, candidato nella circoscrizione del Nord, nonostante le condanne per ripetute violenze domestiche e stalking ai danni dell’ex compagna. Contro di lui, si è candidata Amy Bah, «dissidente femminista» che sostiene il programma del Nuovo fronte popolare ed è appoggiata dalla sindaca socialista di Lille Martine Aubry. Insomma, altro che «unione della gauche». Senza contare che i deputati Insoumis uscenti Alexis Corbière, Raquel Garrido, Hendrik Davi, Danielle Simonnet e Frédéric Mathieu, privati di investitura dalla France insoumise per aver osato criticare il líder maximo Mélenchon, sono pronti ad allargare la fronda interna al partito della sinistra radicale francese.