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G7, cosa rivela il significato della parola "vertice"

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Massimo Arcangeli
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C’è il vertice di una montagna (la sua sommità) e c’è il vertice di una carriera (il suo momento culminante), c’è il vertice di un partito o un’organizzazione (il complesso dei loro dirigenti) e c’è il vertice di un triangolo (il punto d’incontro fra due suoi lati in opposizione alla base). La parola, documentata a partire dal Quattrocento, discende dal latino vertex, “vortice”, “gorgo” (poi “testa”, “vetta”, “colmo”, “apice”, ecc.: dolorum vertices, “dolori lancinanti”; vertices principiorum, “ufficiali superiori”), un derivato di vertere (“volgere”, “voltare”, “rivoltare”, ecc.).

Come calco dell’inglese summit, di cui sono perfetti equivalenti le espressioni summit meeting (“incontro al vertice”) e summit conference (“conferenza al vertice”), il termine vertice, nel significato che qui interessa, si riferisce a un’adunanza delle più grandi potenze mondiali – al livello dei capi di Stato, dei primi ministri, dei titolari dei vari dicasteri, dei presidenti delle assemblee legislative, ecc. – programmata al fine di affrontare temi (politici, economici, sanitari o altro) di rilevanza internazionale: il vertice del G7.

 

 

(The) summit, usato nell’ultima accezione da Winston Churchill nel 1950, viene accolto nel nostro paese all’inizio del decennio seguente, ma la risposta interna non si fa attendere: «L’anglismo summit, pur non ostico all’italiano perla sua origine e fisionomia latina e perla trasparenza del significato, ha breve fortuna e vita (...) perché (...) vertice (...) diventa rapidamente quasi esclusivo in espressioni come “il vertice delle superpotenze”, “convocare un vertice dei paesi del Patto atlantico”, e inoltre nelle locuzioni “conferenza, riunione, incontro al vertice”. Dalla sfera della politica internazionale il termine e le relative locuzioni passano all’uso politico generale e sindacale (...), e anche in quello amministrativo, economico e commerciale, come incontro dei massimi rappresentanti di uno o più enti e settori» (Emidio De Felice, Le parole d’oggi. Il lessico quotidiano, religioso, intellettuale, politico, economico, scientifico, dell’arte e dei media, Milano, Arnoldo Mondadori, 1984, p.114).

 

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