Pier Luigi Bersani, lo spottone all'amico sul Fatto: a cosa si riduce per attaccare la Meloni
Sorpresa: Pier Luigi Bersani approda alla corte del Fatto quotidiano, dimenticando i toni irridenti con cui i grillini assai vicini al direttore Marco Travaglio trattavano lui e il suo Pd una decina di anni fa (e anche più recentemente) e verga un lungo pamphlet per perorare la causa dell'opposizione unica e unita contro Giorgia Meloni.
L'ex segretario sbertucciato dall'ineffabile duo Crimi-Lombardi in diretta streaming verga una pagina (ma sarebbe meglio dire lenzuolata, come il suo memorabile decreto sulle privatizzazioni) e mette in guardia gli italiani, ma soprattutto dem e 5 Stelle, dal pericolo che stiamo correndo. Fratelli d'Italia e Lega, spiega serissimo, "hanno puntato a realizzare modifiche sostanziali alla nostra impalcatura costituzionale, quindi al funzionamento e alla qualità della nostra democrazia".
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Da una parte c'è il "cosiddetto presidenzialismo, declinato poi in premierato", dall'altra "l’interpretazione estrema, dirompente, dell’autonomia differenziata". Il quadro delineato da Bersani è apocalittico: si parla di "cesura nella vicenda dell’Italia repubblicana. Una rottura rifondativa", di marginalizzazione sia del Parlamento sia del presidente della Repubblica. E di colpi durissimi alla "dignità del lavoro; la giustizia sociale". E qui lo spot che mette in dubbio tutto il ragionamento: "La posta in gioco è altissima. Il lavoro di Stefano Fassina ci aiuta a prenderne consapevolezza", spiega Pier Luigi citando Perché l'autonomia differenziata fa male anche al Nord, il libro dell'ex responsabile economico del Pd, il bocconiano di sinistra che in materia di lavoro ed economia ne ha prese davvero pochissime.
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Non mancano le critiche al centrosinistra che fu quello che partorì la famigerata e pasticciata riforma del Titolo V della Costituzione, figlia di "una confusa suggestione federalista e il tentativo di assorbire le pulsioni dissociative espresse dalla Lega Nord per l’indipendenza della Padania", Insomma, anche la riforma Bassanini fu, sotto sotto, colpa della destra.
Con la riforma Calderoli, accusa Bersani tornando all'attualità, siamo invece allo “Stato Arlecchino". Scorrendo le pagine del pamphlet di Fassina, immaginiamo Pier Luigi annuire convinto quando l'autore tira le orecchie alle tre regioni-pilota "Veneto, Lombardia e, sia pure in dimensioni diverse, Emilia-Romagna" e ai loro accordi stipulati "con il governo Gentiloni" di centrosinistra e poi "con la ministra Stefani", leghista. Alla fine della lunga analisi, non si capisce bene se Bersani voglia fare una semplice recensione-pubblicità del volumetto dell'amico o invece, il sospetto è forte, mettere un mattoncino sulla strada stretta e complicata dell'alleanza tra Pd e Movimento 5 Stelle, partito quest'ultimo di cui il Fatto è spesso l'estensione cartacea.