Cerca
Logo
Cerca
+

Michele Serra e Maggiani? La scoperta che in Italia ci sono città e campagne e non tutti sono fascisti

Michele Serra

Andrea Tempestini
  • a
  • a
  • a

Ognuno coi suoi guai, ma quelli della sinistra allo stato dell’arte sono peggiori. L’evidenza è numerica: al netto del robusto risultato del Pd, alle europee il fronte progressista (in ogni sua possibile composizione) ha preso meno voti. Ha perso. La destra, e questo è un guaio ricorrente, con l’eccezione di Roma insegue in tutte le grandi città. Il guaio della sinistra, altrettanto ricorrente, è che «se non riesci a coinvolgere i quattro italiani su cinque che non abitano nelle grandi città, non governerai mai»: così Michele Serra, su Repubblica, lo scorso mercoledì. Una riflessione pur banale ma, in considerazione di chi la ha scritta, dall’elevato peso specifico. Una considerazione che fa il paio con quelle di Maurizio Maggiani sulla Stampa di ieri. Due commenti sull’esito del voto insolitamente (e relativamente) spogli dell’alterigia nei confronti del “popolino” alla quale le due testate spesso indulgono. 

Partiamo da Serra, che su Rep firma il fondo «Stracittà e Strapaese», il dualismo tra città e campagna, urbani e campagnoli, Bontempelli e Malaparte. «Dimmi quanti abitanti ha la città dove vivi e ti dirò chi vincerà le elezioni», esordisce con «una battuta» che «diventa quasi uno strumento di analisi». E l'analisi è lucida: «Qualunque forza progressista (...) deve ragionare seriamente su questa macro differenza, forse prima psicologica che sociale, tra gli europei “di città” e quelli che vivono disseminati in questa dimensione puntiforme» che è la provincia. A tal proposito si pensi all’impressionante mappa del voto in Francia: domina il solo colore che indica la vittoria di Le Pen, eccezion fatta per un pallone bianco, Parigi, unico e ultimo baluardo del macronismo. E si pensi a Donald Trump, alle sconfitte nelle megalopoli, ma solo in quelle. 

Serra ragiona sul trend globale e locale. Certo insistere sulla differenza «forse prima psicologica che sociale» tradisce una punta di atavico pregiudizio, ma lo spettro delle riflessioni supera il preconcetto del «barbaro che vota a destra». Cita un’ampia letteratura secondo cui «l’impatto della globalizzazione, delle migrazioni, dei cambiamenti dei costumi (...), insomma di tutto, è meglio assorbito dai grandi centri». Ricorda come «fuori dalle metropoli prevarrebbe, invece, la sensazione di essere stati esclusi». Conclusioni: «L’Italia è un Paese di borghi, di piccole città, di province industriose. Puoi avere le idee più dinamiche, le intenzioni più corrette, i programmi più intelligenti, ma se non riesci a coinvolgere i quattro italiani su cinque che non abitano nelle grandi città, non governerai mai». Una riflessione politica e rivolta alla sua parte politica, un invito tardivo a comprendere fenomeni sui quale lo stesso Serra spesso ragiona dominato dalla spocchia.

 

GLI SPAESATI DI BORGO TULIPANO
Quindi Maggiani, che ieri sulla Stampa raccontava il suo voto a Borgo Tulipano (licenza poetica e geografica). Una narrazione deliziosa nei particolari. E una domanda di fondo: l'autore si chiede per quale ragione abbia affrontato tre chilometri di «stradello campagnolo» per raggiungere il seggio. «L’Europa, ma davvero? E allora ripenso a Garibaldi, che fu eletto al parlamento del regno d’Italia in diversi collegi, pur lui non volente e richiedente». Cita l’esordio del generale a palazzo Carignano per rendere in modo efficace lo spaesamento che si prova a «Borgo Tulipano» nel votare per la Ue: se anche un intellettuale è disorientato, figurarsi gli altri. Riflette sui «traditi che fanno bene a sentirsi espulsi», sui socialisti che «governano senza popolo». E chiosa: «Oh, sì, forse ho votato per questo, per aggiungere il mio mattone alla diga che potrà difendere il sistema democratico dall’Onda Nera». 

 

Ma, attenzione: l’Onda Nera in questo caso non è un logoro allarme democratico, ma una sorta di autodenuncia. «Quanti incatenati ai mutui quarantennali, al lavoro servile, all’immobilità sociale (...) stanno lì a guardarmi intanto che vado in giro per il mondo, leggo i miei giornali preferiti, scrivo i miei libri? Sono loro l’Onda Nera» e «devo avere la coscienza che il mio voto è contro di loro, contro i cittadini ridotti a plebe, la grande folla di coloro che un tempo non erano che miei fratelli (...) Questa è l’unica analisi di una qualche ragione che posso fare del mio voto».

Brutale ed elitario, ma onesto. L’Onda Nera non sono i nostalgici, ma la macroscopica porzione d’Italia che Maggiani biasima ma comprende. La porzione d’Italia a cui una parte politica – il voto lo conferma - sembra poter dare migliori risposte. La porzione d’Italia a cui, anche secondo Serra, la sinistra non riesce a parlare. Sono italiani, non sono fascisti...

 

Dai blog