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Christian Raimo, Avs fa il botto ma lui resta fuori dall'Europarlamento

Brunella Bolloli
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Questi qua all’Europarlamento non li vedranno arrivare. Perché la loro lista non ha raggiunto la soglia del 4%, perché nel conteggio dei voti sono rimasti fuori, perché le preferenze non erano abbastanza. Sono gli esclusi “illustri”: campioni di visibilità facile nel frequentato girone di chi la spara più grossa, protagonisti di polemiche social, professionisti del diverbio acchiappa-like nella metà campo del centrosinistra, dove il Pd di Elly Schlein festeggia per un risultato che la stessa segretaria mesi fa non si sarebbe mai sognata.10

Lo diciamo subito: in casa dem, ieri, si è consumato un mezzo giallo. Per buona parte della giornata, anche a causa del pasticcio romano sul sistema informatico andato in tilt, il nome di Marco Tarquinio non era tra gli eletti dem. Una notizia clamorosa considerato che l’ex direttore di Avvenire era stato piazzato da Schlein in ottima posizione, in pratica blindato nell’elenco dei papabili già imbullonati al seggio di Strasburgo. Tarquinio, candidato come indipendente nelle liste dem della circoscrizione Centro, vince al fotofinish contro la Morani per circa un migliaio di voti. Tarquinio sì, Tarquinio no è stato argomento di un pezzo della MaratonaMentana a causa del bug del sistema di scrutinio di Roma e alla fine l’ex direttore pare ce l’abbia fatta a scapito dell’ex sottosegretaria dem Alessia Morani, distanziata di soli 600 voti quando mancano ancora 500 sezioni da scrutinare. Ma il caos delle sezione è stato risolto e Tarquinio con le sue 40.246 preferenze ora l’ex direttore può festeggiare con i suoi.

 

 

 

Partita chiusa, invece, per il fu Terzo Polo. Soglia sfumata per gli Stati Uniti d’Europa di Matteo Renzi ed Emma Bonino, e quindi anche per il candidato più mediatico di SuE, Alessandro Cecchi Paone, che ha incassato meno di 3mila preferenze. Più sotto Azione dell’ex alleato Carlo Calenda, che quindi non porta a Bruxelles né se stesso, né l’ex ministra Elena Bonetti, come pure Federico Pizzarotti, già sindaco di Parma, né Alessio D’Amato, assessore della Regione Lazio ai tempi di Nicola Zingaretti governatore (lui, il fratello di “Montalbano” è stato eletto nel Pd).

 

 

 

Solo 2.140 voti per il sostituto procuratore di Milano, Cuno Tarfusser, che aveva chiesto la revisione del processo sulla strage di Erba. Idem il suo compagno di lista Daniele Nahum, il consigliere comunale milanese che ha lasciato il Pd in polemica con l’uso della parola genocidio per Gaza.

La soglia di sbarramento ha sbarrato la strada per Strasburgo alla creatura pacifista di Michele Santoro: Pace, Terra e Dignità. L’ex teletribuno, in realtà, ha fatto un mezzo miracolo perché da solo ha preso 160mila preferenze; alcuni dei compagni che ha imbarcato per l’avventura europea si sono fermati molto prima: il comico Paolo Rossi, candidato da Santoro nella circoscrizione Nord Ovest ha ottenuto appena 1.513 voti. E di Ginevra Bompiani, scrittrice, saggista e agguerrita divulgatrice del pacifismo agé che preferisce Putin a Netanyahu, non è neanche dato sapere il risultato. Bocciati dalle urne pure Piergiorgio Odifreddi e Angelo D’Orsi.

 

 

 

Peggio, tuttavia, ha fatto l’ammucchiata di Cateno De Luca. L’ex sindaco di Messina correva con una lista ultra pacifista e autonomista ribattezzata “Libertà”: una macedonia di simboli che però non è andata benissimo, nonostante le 80mila preferenze del leader.

Infine, la beffa di Christian Raimo. Il prof antifascista, noto per essere andato in tv a dire che i neonazisti vanno picchiati (e altre amenità), era uno dei nomi forti di Avs, formazione di sinistra andata oltre le aspettative in questa tornata elettorale. Bene. Evidentemente anche Raimo aveva grosse aspettative per il suo conto in banca (gli stipendi in Ue sono molto più alti di quelli degli insegnanti), ma non ce l’ha fatta, come scritto lui stesso su Fb: «Ho preso un sacco di voti e non sarò eletto, ma va bene così!». Ecco. L’importante è prenderla con filosofia. Senza picchiare nessuno.

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