Nicola Zingaretti, disastro elettorale: il nano russo scambiato per bambino
Vivaddio, è finita. «È finita, ma ha dato tanto. La campagna elettorale per le Europee e le Amministrative del 2024 è finalmente alle nostre spalle. Ha regalato squarci di genio e momenti memorabili». Rubiamo ai colleghi del Fatto Quotidiano –estenuati come noi- il commento alle più pirotecnica campagna elettorale dal ’48, È finita, ma già ci manca la teratologia elettorale, quella deliziosa fragranza di mostro che emana le urne.
Nano al volante, pericolo costante. L’ex governatore del Lazio ruba l’istrionismo al fratello attore Luca, con una doppia gaffe in tuffo carpiato. Prima cita volontariamente- con quel gusto del paradosso che solo chi ha governato il Pd può vantare- il Bettino Craxi dei bei tempi. E in un video su Tik Tok invita gli italiani: «Prima di andare al mare, andate a votare!». Solo che Zingaretti l’invito a non andare al mare lo fa proprio dal mare; la telecamera lo inquadra su sfondo marino, ad occhio Fregene. Dopodiché, non pago, visto il successo della Meloni in stile confidenziale che si magna le ciliegie, Zingaretti decide di superarsi. E su Instagram utilizza il volto di un nano russo di anni 22, affetto da un grave disturbo della crescita, Hasbulla Magomedov. Zinga evidentemente lo scambia per un bambino. Il nano, noto influencer, tra l’altro, è protagonista di una rissa, pare con un lottatore del Tagikistan. Pare sia stato arrestato per guida pericolosa su un’auto che schizzava a 200 all’ora. Zinga & il nano. Sembra la sceneggiatura di un film di David Lynch. Forse c’è lo zampino del cine-fratellone....
(7 giugno 2024)
Eravamo quattro amici al bar. Magari non sarà da Oscar, ma L’Italia che Conta è il pregnante documentario sulle mirabolanti imprese di Giuseppe Conte. Trattasi di pregevole opera filmica che ricalca tutti gli imperdibili cavalli di battaglia del Movimento Cinque Stelle: abbasso la guerra (tranne quando Conte autorizza cinque invii d’armi di seguito), viva il reddito di cittadinanza e il superbonus 110% (lo sprofondo rosso d’ogni tempo per i bilanci pubblici: comunque un record), e avanti con il green anche se, fatto così, ti distrugge i bilanci delle famiglie in continguità con le molotov del bonus già lanciate sui bilanci dello Stato. Conte accompagna il film con tanto di sberleffi alle parole di Lollobrigida e Santanchè. Nella tappa milanese dell’evento, la platea è scarsa: forse non ha capito il messaggio dell’avvocato del popolo, essere più capillari sul territorio. Peccato che lo scenario offerto a Milano sia, nel complesso, surreale. Secondo la cronaca del Giornale «degli 85 posti a sedere messi a disposizione, ne vengono occupati una ventina scarsi se si escludono i militanti con tanto di spilla del partito in bella vista. Età media tra i 65 e i 70 anni, con alcuni di loro che si dichiarano iscritti al Movimento». Una signora commenta ad alta voce: «Capisco che la sala sia piccola, ma certo che siamo proprio quattro gattacci...». A metà video in tre, estenuati, si alzano e se ne vanno. L’Italia che conta, conta le sedie: sono più quelle a cui rimangono incollati i deputi M5S, che gli elettori...
(5 giugno)
Cravatte controvento. Matteo Ricci, sindaco di Pesaro e caballero d’una moltitudine di programmi televisivi, gira il proprio spot elettorale con la cravatta all’indietro, come se si fosse infilato in un’eterna galleria del vento. Che, per essere una metafora del suo Pd potrebbe andare benissimo. Sennò, a parte un richiamo al tie-tweddle, alla cravatta trattata come un pitone nelle comiche di Stanlio e Ollio, be’, il gesto del sindaco mica si spiega. Anzi. L’unica spiegazione l’azzarda Diego Bianchi – Zoro a Propaganda Live: «Il sindaco Ricci – deve essersi chiesto- “per cosa posso distinguermi?”. Per andare controvento, un controvento elegante, con stile, tanto da costringere il suo elettorato a mettersi la cravatta e buttarsela indietro». Un clangore di metafore...
(3 giugno)
Siamo seri (nel senso di Massimo). Massimo Seri, candidato di Azione, è un cinefilo pazzesco. E manda uno spot che, nel primo fotogramma, vede protagonisti due giovani, un ragazzo e una ragazza, seduti, tra il verde, su una panchina azzurra che sullo schienale ha disegnato il cerchio con le 12 stelle della bandiera dell’Unione Europea; e che ha fatto erroneamente credere sempre a Zoro che il candidato fosse della lista Stati Uniti d’Europa. Lui attacca: «Santino?» Lei risponde: «No, ho la cassetta delle lettere piena». Lui riflette: «Già la vita è come una cassetta delle lettere piena di santini. Non sai mai quello che ti capita». Risponde lei: «Vero! Ne ho conservato solo uno, il più importante». Poi entrambi tirano fuori il santino di Seri, con il commento finale: «Scherzi a parte, adesso facciamo i Seri». Poesia pura. Prevert che si sposa con Forrest Gump e la sua maledetta scatola di cioccolatini che non sai mai quello che ti capita. Poesia purissima.
(30 maggio)
C’eravamo tanto a(r)mati. «La lotta, amata» è lo slogan scelto da Christian Raimo per la sua campagna elettorale in stile plumbei anni 70. Campeggia sui “santini”, anche nella versione social, dove i suoi sostenitori lo rilanciano con entusiasmo. Su Libero Francesco Storace, biasimando il chiaro ammiccamento di quella frase alla dizione con una erre in più - la lotta armata- gli fa un mazzo tanto. Raimo, che a livello Zen non è esattamente un bonzo tibetano, risponde con una supercazzola che lascia intenderevoluto travisamento: «Il mio slogan non è però La lotta amata; ma La lotta, amata. Ci tengo a quella virgola perché penso che persino gli slogan possano essere un un modo di fare politica facendo una pausa, per ragionare». La reazione di pacifismo immortale di Raimo è la messa a loop del video in cui a L’aria che tira, Raimo afferma che picchiare i neonazisti non è reato. Gandhi, al confronto, era un dilettante.
(7 giugno)
Le magie di Magi. Il segretario di + Europa Riccardo Magi, in puro stile alla David Copperfield, possiede da sempre il talento di apparire dove meno te l’aspetti. Stavolta si smaterializza dalle borgate romane e appare all’improvviso a Tirana, durante la visita di Giorgia Meloni agli hotspot per i flussi migratori inaugurati col presidente albanese Edi Rama. Magi è visibilmente frastornato, non capisce dove si trova. E durante la conferenza stampa si rifugia in una narcosi che lo rimette in forze. Poi esce dalla trance e si butta sulla macchina della premier in movimento. Placcato ovviamente dal servizio di sicurezza, quasi menato, Magi grida di essere un parlamentare: «Se fanno questo a me, figurarsi ai migranti». Epperò, la gente stenta ad immaginare un migrante che tenti di farsi arrotare dall’auto del Presindete del Consiglio, a meno che non sia Soumahoro. Finisce con la Meloni che intercede: «Ho fatte tante di campagne elettorali e dovevo superare la soglia di sbarramento, ti capisco sei al 3%, devi fare queste cose». Un collega sospira osservando il leader di + Europa: «A Ricca’ per fare ‘sto casino, c’era bisogno di rompere i coglioni in Albania.?». Non è dato se Ricca’ è ancora là, o se l’hanno messo per sbaglio su un barcone...
(5 giugno)