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Pd, dalla Campania di De Luca alla Puglia: tutte le faide tra cacicchi
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"I segretari passano, i cacicchi restano". Giovanni, un vecchio militante del Partito democratico di Napoli, la riassume così. Una fotografia nitida del Pd al Sud, un partito che a ogni occasione mette in scena una conta spietata tra filiere del voto organizzato, cordate di amministratori ed eletti che la 'rivoluzione Schlein' è riuscita a scalfire. Basta fare un viaggio elettorale tra candidati e grandi sponsor. Il cuore pulsante di questo modello risiede in Campania. Lì è candidato Lello Topo, ex deputato già sindaco di Villaricca di origini democristiane (è figlio d’arte, il papà era l’autista di Antonio Gava). $ il capobastone di una corrente insieme al recordman di preferenze Mario Casillo, capogruppo regionale con quarantaduemila voti. Topo può contare su una serie quasi infinita di amministratori: dai sindaci di San Giorgio a Cremano e Pozzuoli, Giorgio Zinno e Luigi Manzoni, ai consiglieri regionali di Caserta e Avellino, Gennaro Oliviero e Maurizio Petracca, passando per i radicatissimi consiglieri comunali Aniello Esposito (detto Bobò) e Salvatore Madonna.Migliaia di preferenze che si sommano le une contro le altre: il duo Topo-Casillo fa poi riferimento su tanti piccoli amministratori eletti in liste civetta, civiche. Unico limite: devono fare il botto in Campania perché nel resto del collegio è poco presente. Discorso diametralmente opposto per il sindaco di Bari, Antonio Decaro, che può contare sulla quasi totalità dei voti dem in Puglia, a partire dall’appoggio del governatore Michele Emiliano. La sua forza è la rete di amministratori conosciuti grazie alla presidenza dell’Anci.
In Campania ad esempio è fortissimo: il primo cittadino di Napoli Gaetano Manfredi gli garantisce migliaia di voti mettendo a disposizione molti dei suoi consiglieri comunali (si dice che Manfredi punti alla presidenza dell’Anci). L’altro Manfredi, fratello minore e consigliere regionale dem, è impegnato su Decaro così come la consigliera regionale Bruna Fiola e il capogruppo comunale partenopeo Gennaro Acampora. Un’altra candidata forte è Pina Picierno: la vicepresidente del parlamento europeo è radicata nel partito, fortissima in Calabria, a Caserta e molto presente a Napoli e in Abruzzo. Partita diversa per la capolista Lucia Annunziata e il responsabile comunicazione di Schlein Sandro Ruotolo. Possono contare sull’appoggio del deputato Marco Sarracino, degli ex articolo-1 Nico Stumpo e Arturo Scotto (anche se in Basilicata Roberto Speranza dà una mano a Topo), sugli uomini di Dario Franceschini. E poi c’è Vincenzo De Luca. Il governatore, così come l’onorevole figlio Piero, si muovono trasversalmente a tutti i partiti. Hanno piazzato sul comitato dell’Annunziata un fedelissimo come Gino Cimmino mentre molti loro riferimenti salernitani e napoletani daranno una mano a Topo. $ fuori dal Pd, però, che le truppe deluchiane cercano il colpo gobbo.
"Vincenzo vuole garantirsi una coalizione per il terzo mandato senza il partito", si mormora tra i corridoi del potere. E infatti un grosso pezzo deluchiano tira la volata di Enzo Maraio, candidato in Stati Uniti d’Europa in quota Matteo Renzi: salernitano, è segretario del Psi e dunque può garantire una lista in appoggio al governatore. Accanto al nome di Maraio (ci sono tre preferenze) l’indicazione va su quello di Caterina Miraglia: già assessora regionale col centrodestra, è la mamma dell’ex coordinatore di Forza Italia Stanislao Lanzotti e il suo main sponsor è Armando Cesaro, figlio del senatore Luigi detto Giggino. Tutti con Iv. Insomma, il Pd in Campania e al Sud è una selva di correnti, correntine, cacicchi e dinastie familiari pronti alla resa dei conti. In bocca al lupo Elly.
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