Repubblica contro Giorgia Meloni? C'è del genio: la rassegna di una copia lunare
È indubbio che nella copia di Repubblica di ieri ci sia del genio. Lo sforzo per trovare, pagina dopo pagina, una chiave di lettura spendibile per dar contro al governo è encomiabile. Anche se si scade nel ridicolo. «Liste di attesa, il bluff del governo», recita il titolo di apertura. La riforma varata in CdM per accorciare i tempi della sanità derubricata a menzogna, «mancano i soldi» aggiunge il «dossier» a pagina 3, «la battaglia contro il problema della sanità si combatte senza nuovi investimenti e con poca fantasia». Mancano le coperture (argomento solitamente usato dai governi per giustificare l’inazione) e manca addirittura l'estro. Eppure basta leggere i testi per comprendere quanti fondi vengano stanziati e quali riallocati. Rep non concede nemmeno il beneficio del dubbio, in fin dei conti è «un decreto elettorale», «è stata la premier a volere a tutti i costi un dl prima delle europee», per dirla alla Schlein è «fuffa». A supporto del resoconto l’intervista a una “insospettabile”, ossia Marina Sereni, responsabile salute del Pd. I toni? Apocalittici: «Così illudono chi non riesce a curarsi». Spietate, le destre...
Il quotidiano diretto da Molinari sembra accreditare una sorta di applicazione estensiva, e lunare, del concetto di par-condicio: anche sull’esposto all’Antimafia presentato da Meloni e relativo al decreto flussi, infatti, si parla di «spot elettorale». In breve: il premier denuncia «storture e infiltrazioni criminali» nel “click day”, il meccanismo che concede permessi di lavoro agli stranieri (in Campania meno del 3% del campione a cui è stato accordato il permesso ha poi effettivamente sottoscritto un contratto di lavoro: curioso, no?). E la denuncia, poiché presentata all’Antimafia, diventa automaticamente una furbata acchiappa-voti a ridosso delle europee. «Meloni avrebbe potuto rivolgersi al Viminale» scrive Lirio Abbate. «Consegnare l’esposto all’Antimafia, che non conduce indagini, sa di mossa elettorale». Il tutto in barba ai circostanziati riferimenti del premier alle «infiltrazioni criminali», ovvero alla mafia. Eccola, la par-condicio estensiva: Meloni, secondo Rep, alla vigilia del voto semplicemente non dovrebbe fare nulla. Il resto è solo «spot».
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PARADOSSI
E qui è doveroso far notare un paradosso: torniamo a Caivano, «sono quella stronza della Meloni». Ecco, dopo una narrazione lunga due anni in cui la riqualificazione di Caivano veniva presentata dalla stampa progressista come «il re di tutti gli spot» meloniani per inscenare la lotta alla mafia, basta una frase rivolta a Vincenzo De Luca per «far passare» scriveva sempre Rep il 29 maggio «la giornata anti-camorra in secondo piano». Ma come, Caivano non era solo facciata? Tant’è, sull’esposto all’Antimafia piove anche la lunga articolessa di Carlo Bonini, per il quale trattasi di «autocelebrazione taumaturgica» di Giorgia. Ossia di farsa. Avevate dubbi?
Non è finita, Repubblica ieri buttava molta carne (avariata) al fuoco. Ce n’è anche per Matteo Salvini e anche in questo caso c’è da ridere. Si parla del Piano-casa, bollato sin dagli esordi come ignobile «condono edilizio», quale non è, e che per magia diventa una ben più digeribile «sanatoria». Titolo di pagina 4: «Casa sempre più mini. Salvini allenta le maglie della sanatoria». Insomma, prima il leghista veniva bastonato per il «condono» mentre ora, tra le righe, viene processato perché fa troppo poco.
GIORGIA E GRETA
Altri guizzi tra pagina 26 e 27, abissi del quotidiano in cui è lecito attendersi che la monografica anti-governativa sia conclusa. Non è così, poiché era la «Giornata mondiale dell’ambiente».«Dai pesticidi ai gas serra, le leggi per l’ecologia in bilico nella nuova Ue». La responsabilità? «Delle destre (europee, ndr) in vantaggio nei sondaggi». Nella pagina successiva si passa al locale. Titolo: «Guerra al Green Deal solo nei comizi. Meloni ambientalista ma non lo dice». Un notevole capolavoro: le destre distruggono l’ambiente eppure Giorgia - menzognera o schizofrenica, fate voi- è una Greta Thunberg in incognito («nelle piazze si è opposta alle politiche verdi ma in realtà ha quasi sempre detto sì ai provvedimenti della Commissione Ue per azzerare le emissioni»). Cari amici di Repubblica, decidetevi...
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