La parola della settimana: Decima Mas
La “decima”, nata ufficialmente come 1ª Flottiglia MAS a La Spezia (23 aprile 1939), e poi ribattezzata (14 marzo 1941) 10ª Flottiglia MAS dallo Stato Maggiore della Regia Marina in ricordo della decima legione di Giulio Cesare (la sua preferita), era una delle flottiglie della marina italiana composte di motoscafi armati siluranti. Di qui l’acronimo MAS, che in origine stava per motobarca armata S.V.A.N. dal nome di un’azienda produttrice di quelle imbarcazioni munite di siluri, la Società Veneziana Automobili Navali.
Le lanciasiluri, ordinate per la prima volta alla S.V.A.N. dallo Stato italiano poco più di un mese prima dell’entrata in guerra (24 maggio 1915), e rese disponibili nel 1916, si trasformarono prima in motobarche armate siluranti e solo più tardi in motoscafi armati siluranti. Gabriele d’Annunzio, fra i partecipanti all’incursione notturna dei tre MAS contro quattro piroscafi austriaci, fra il 10 e l’11 febbraio 1918, che sarebbe passata alla storia come “beffa di Buccari”, avrebbe quindi sciolto MAS, durante quell’impresa, in Memento Audere Semper («ricordati di osare sempre»). Il timoniere del suo scafo, il volontario Angelo Procaccini, aveva scritto a matita su una tavoletta, poi inchiodata davanti alla ruota del timone, un altro motto latino, Motum Animat Spes («la speranza anima il movimento»).
D’Annunzio, ritenendo imbelle la soluzione, gliel’aveva fatta sostituire con quella inventata da lui. Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, sotto il comando del principe Junio Valerio Borghese – l’autore del tentato golpe del 1970 –, l’anima nera della Xª MAS si schierò coi repubblichini e coi nazisti. La squadriglia dei miliziani rimasti fedeli a Mussolini, dal logo composto di un teschio con una rosa in bocca e, sotto, la dicitura Xª Flottiglia MAS, si sarebbe resa responsabile della morte di diverse centinaia di persone, fra civili e combattenti partigiani, anche in azioni condivise con le SS. Era solita incidere sul petto delle sue vittime la dicitura «È passata la decima» o infilare al collo dei morti, dopo averli appesi a un albero, un cartello su cui quella scritta era stata riprodotta.