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Flavio Tosi: "Veneto? Se Tajani me lo chiede, sono pronto"

Pietro De Leo
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Flavio Tosi è un protagonista degli ultimi quindici anni di politica del Nord Est. Sindaco di Verona per due mandati con la Lega, al 2015 risale la rottura con il partito di Via Bellerio. Oggi, siede alla Camera con Forza Italia che guida in Veneto da Coordinatore Regionale, e sotto le insegne degli azzurri corre per Strasburgo nel collegio Nord Orientale.

Lei ha praticato il governo del territorio. Quant’è difficile oggi parlare di Europa ai cittadini?
«Non è difficile in senso assoluto. Ma c’è una criticità: non viene percepito quanto l’Europa sia importante. Le elezioni per l’Europarlamento vengono considerate quasi secondarie rispetto alle altre. Invece ormai la gran parte delle decisioni passa per l’ Europa. Guardandola in prospettiva, dovrà essere compiuto un percorso per un sistema sanitario comune, un sistema sociale comune, stessa cosa per fisco e difesa. Deve essere sempre più politica e sempre più coesa per confrontarsi con Stati Uniti e Cina. Se oggi, per quanto riguarda il dossier Ucraina, l’Ue non tocca palla è proprio perché è poco politica».

La questione della difesa comune è una necessità storica, ma è anche difficile da realizzare. Quale strada si potrebbe percorrere?
«Innanzitutto bisogna superare il meccanismo dell’unanimità, perché altrimenti non se ne viene mai a capo. Una volta che partono quattro grandi Paesi, e cioè noi, la Francia, la Germania e la Spagna, poi penso che tutti gli altri ragionevolmente si aggregheranno. La difesa comune è un vantaggio per tutti, anche economico: nel momento in cui ognuno ha il suo esercito, c’è una serie di costi fissi ripetuti Paese per Paese. Poi il tema vero è anche quello della politica estera...».

Guardando alla prossima maggioranza, oggi quant’è possibile in percentuale tener fuori i socialisti?
«Secondo me, al momento, la via più praticabile oltreché auspicabile è allargare l’attuale maggioranza ai conservatori. Questo è anche nell’interesse del nostro Paese: se entrassero i conservatori, dunque Fratelli d’Italia, sarebbe più forte in Europa. Per escludere i socialisti, dovrebbe verificarsi un cambiamento tale da poter costruire una maggioranza di centrodestra. Oggi, stando alle previsioni, è poco probabile».

 

Venendo al quadro interno. Lei, Reguzzoni, Cota: un percorso nella Lega, oggi candidati in Forza Italia. State contendendo alla Lega la questione settentrionale?
«L’elettore leghista riconosce chi ha fatto parte nella storia della Lega. Se consideriamo che nel Nord Est è candidato Vannacci, per quanto non sia capolista comunque rappresenta tutto tranne l’autonomia. Flavio Tosi, al contrario, rappresenta la storia dell’autonomia. Poi c’è la presa di coscienza sul fatto che Salvini, rispetto all’autonomia, ha predicato molto e praticato poco. Nella scorsa legislatura noi non abbiamo mai governato con Conte. Qualcun altro sì, e non ha mai affrontato il tema».

Oggi però il tema è in agenda.
«Vero, è nell’agenda di questo governo. Ed è entrata in discussione perché il presidente della Commissione Affari Costituzionali della Camera, l’esponente di Forza Italia Nazario Pagano, si è battuto affinché si proseguisse nell’iter».

 

Se lei fosse eletto in Europarlamento sceglierebbe Strasburgo o resterebbe a Roma?
«Questo me lo dovrà dire Antonio Tajani, il mio segretario e leader politico. Sarà lui a valutare e decidere qual è la destinazione migliore per Flavio Tosi. Mi pare però che la prospettiva più auspicata, anche da lui, sia quella della candidatura a Presidente della Regione Veneto».

Facciamo un bilancio politico di questi cinque anni europei. Un tema su cui lei se potesse, applicherebbe totale discontinuità. E uno che invece salverebbe.
«Totale discontinuità sull’estremismo ambientalista, che deve essere assolutamente superato. Bene il green, bene combattere l’inquinamento e la transizione ecologica, purché in nome di tutto questo non si distrugga l’economia. Tant’è che l’Italia, con il ministro Pichetto Fratin, ha votato contro la direttiva sulle case green. Invece, il dossier che salverei è il nuovo accordo sull’immigrazione, quello che ha chiuso il ministro Piantedosi nonostante le critiche incomprensibili della Lega. È una buona base di partenza perché stabilisce un principio: chi sostiene spese ingenti per gestire l’immigrazione deve avere la compartecipazione degli altri Paesi».

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