TeleMeloni e "bavaglio di regime"? Un mese di balle: suicidio perfetto a sinistra
Un mese esatto di retorica vuota, come vuota (e qui su Libero l’avevamo sempre scritto) era la strampalata denuncia di censura mai avvenuta ai danni di Antonio Scurati ma strombazzata come non mai ai quattro venti, tanto da assurgere al pari dei fatti principali del giorno per l’intera ultima decade di aprile, quei giorni, tra il 25 aprile e il 1 maggio, nei quali la sinistra ha sempre bisogno di rinserrare le fila. Cosa c’è di meglio, dunque, di un martire da esibire? Poi che sia tutta fuffa, poco conta.
L’importante è dichiarare e vergare articoli, sparare titoloni a effetto. È esattamente così, fino alla pietra tombale di ieri, posta sulla vicenda dalla insospettabile presidente della Rai, Marinella Soldi audita in Commissione di Vigilanza, che ha preso il via un mese di articoli. Uno sciopero politico.
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L’alleanza più che mai rinsaldatasi tra il sindacato un tempo unico dei giornalisti Rai, l’Usigrai e i partiti di centrosinistra, Pd in testa. Giù fiumi d’inchiostro con parole taglienti come lame. La prima a suonare la grancassa fu, manco a dirlo, Repubblica che per l’occasione è tornata più che mai “giornale partito” pronta immediatamente, non appena Serena Bortone, conduttrice di Che sarà... lanciò l’allarme social a recepire lanciando uno strillo ripetuto per gorni: «Attacco alla libertà di parola». Sulla stessa linea si è collocata, come detto, nell’immediato la segretaria del Pd, Elly Schlein che ha declassato senz’appello la Rai meloniana a «megafono del governo». Questo – ha detto – non è più servizio pubblico.
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LA LIBERAZIONE
Tutto ciò nelle ore più prossime al presunto “fattaccio”, tra il 20 e il 21 aprile. Per poi gioire, nel giorno della Liberazione su «come è bello abbracciare Antonio Scurati in piazza a Milano a nome di tutta la nostra comunità democratica». Non prima che, proprio Scurati ospite della manifestazione Repubblica delle Idee in piazza a Napoli, si era detto impaurito dopo essere stati additato dalla Meloni, sentendosi un “bersaglio”.
Copione ripetuto pari pari una settimana dopo sul Nove, ospite della trasmissione di Fabio Fazio, Che tempo che fa mentre la vicenda sbarcava anche sui giornali internazionali, dal Pais al Guardian, da Variety a Le Monde che ha scritto di una «deriva illiberale sul modello Orban per l’Italia». La vicenda, su ispirazione del leader dell’Alleanza Verdi Sinistra, Angelo Bonelli, è così arrivata, lunedì 22 aprile, persino sui banchi dell’Europarlamento, presa in carico da una eurodeputata dei Verdi tedeschi. Mentre in Italia giornalisti e intellettuali continuavano ad arrovellarsi.
"Scurati-Bortone, a sinistra l'hanno presa male". Censura? Una farsa in aula (e sui giornali)
IL CORO
Con Concita De Gregorio che, ancora su Repubblica, che metteva in guardia sul «pericolo dell’indifferenza» nei riguardi di un governo che pensa «sia bene togliere la parola a chi dissente» sottolineando come «la presa della Rai è di tale evidenza che interessa ormai l’Europa». Di non diverso tono le parole del direttore de La Stampa, Andrea Malaguti preso a chiedersi «che Paese scadente e disorientato sia quello in cui la tv di Stato cancella il monologo di un intellettuale», facendo eco all’allarme lanciato dalla scrittrice Dacia Maraini sulle stesse colonne del quotidiano torinese nel quale mette in guardia da un Paese che «sta andando indietro come i gamberi. Vedo una nostalgia del passato. Cosa vorrebbero fare? Creare una società autoritaria? Irregimentare l’intero Paese e concentrare il potere in poche mani?».
Braci tenute calde fino allo sciopero flop dell’Usigrai, dello scorso 6 maggio: in Rai l’informazione è andata in onda in maniera pressoché regolare. Con il livello dello scontro che si è rialzato una decina di giorni fa, all’indomani della comunicazione da parte dell’azienda di un provvedimento nei confronti Serena Bortone per l’uso improprio dei social. Con Scurati, ancora lui, che al Salone del Libro aizzava i suoi lettori additando la «deriva illiberale dell’Italia». Una pantomima di indignazione aggratis, anzi da due... soldi che ieri, grazie alle parole della non meloniana presidente Rai, dovrebbe veder calare il sipario.