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Europee 2024, filosofia e ragioni dell'elettore populista

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Luigi Curini
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L’ascesa di movimenti e politici populisti in questi ultimi decenni ha attirato una grande attenzione, giornalistica e scientifica. Perché questi partiti vincono molti voti (ed elezioni) oggi e non ad esempio 30 o 40 anni fa? Pur con qualche eccezione, il leitmotiv identificato a questo riguardo come “fattore scatenante” è di solito il medesimo: da qualche tempo i politici sono visti come sempre più “distanti” rispetto ai bisogni di una gran parte dei loro concittadini. Cresce di conseguenza l’incentivo per votare degli outsider, spesso senza alcuna pregressa esperienza di governo, e che non di rado propongono anche ricette politiche temerarie, che vanno dal protezionismo allo spiccato nazionalismo e isolazionismo.

Una miscela che alla fin fine può provocare più danni che altro, quindi, almeno alla crescita e allo sviluppo di un Paese. Ma allora perché si dovrebbe farlo? Perché una percentuale non banale di elettori è sempre più tentata dal provare una cura che può risultare globalmente ancor più nociva di quella proposta da una classe politica sì sempre più distante, ma che almeno ragionevolmente sa il fatto suo (o che almeno dovrebbe...)? Insomma, perché votare qualcuno che, come spesso ci sentiamo ripetere, offre “false soluzioni a problemi concreti”? La risposta che sovente viene avanzata è più o meno la solita: chi vota i populisti li sceglie perché ben li riflette e perché sinceramente crede nella bontà della proposta populista. Sono quindi deplorables non solo i politici populisti, ma anche (se non maggiormente) i loro elettori! Analfabeti funzionali che passano tutto il loro tempo sui social media a venire manipolati dalle fake-news e dalla disinformazione (che guarda caso colpirebbe solo certi elettori e non altri- per qualche strana ed inspiegabile magia).

 

MITI E REALTÀ
Ma è davvero così? Forse sì, per qualche percentuale di elettori. Ma non per tutti. Perché in caso contrario diventerebbe difficile spiegare le fluttuazioni, a volte molto rilevanti, che gli stessi populisti hanno in termini di voti da una elezione a quella successiva in un dato Paese. O no? A tentare di risolvere questo puzzle ci viene in aiuto un lavoro scientifico recentemente pubblicato. In linea generale, cosa infatti dovrebbe spingere dei politici “non populisti” al governo a produrre delle politiche che beneficiano la maggioranza degli elettori invece che scelte che si percepiscono (a torto o a ragione) come riflettere gli interessi di un ristretto gruppo di persone (le “elite” variamente definite)? La paura di perdere le elezioni ovviamente. È questa minaccia l’armageddon che tiene i politici al governo al “guinzaglio”, disciplinandoli.

SE A È UGUALE A B
Ma cosa succede quando gli elettori vedono questa minaccia come poco efficace perché ad esempio considerano i politici come oramai troppo vicini ideologicamente tra di loro? Per cui anche votando B (attualmente all’opposizione) si rischia di avere politici poi non troppo dissimili (e con interessi sostanzialmente eguali) a quelli del partito A (attualmente al governo)? Se non è zuppa, è pan bagnato...
Ecco che in questo contesto (quello proprio di gran parte delle democrazie occidentale post-caduta del Muro di Berlino dopotutto...) acquista all’improvviso un fascino (in)discreto l’opzione di votare populista. Si noti bene: una attrattività che esercita il suo effetto anche su quegli elettori che non hanno mai davvero cambiato le loro preferenze politiche profonde. Che continuano a volere quello che hanno sempre voluto. E che sono ben coscienti del fatto che “l’uomo con le corna”, per rimanere nell’immaginario populista di questi ultimi anni, non sia affatto salvifico, portando avanti, come fa, un programma che sotto molti punti di vista è lontano da quello che vorrebbero in “tempi normali”, perfino deleterio nell’immediato. Ma comunque lo fanno. Perché capiscono che è l’unico (ultimo?) modo per disciplinare una classe politica oramai troppo auto-orientata su sé stessa e per rimetterla in riga. Vedi? Se non ti comporti bene, io voto quello lì!

 

INVESTIMENTO SUL FUTURO
Insomma, sono pronti anche a sostenere un costo nel breve periodo perché anticipano i benefici nel lungo di avere di (nuovo?) una politica più vicina agli interessi dei cittadini. Lungi dall’essere semplicemente “elettori arrabbiati”, alla mercé di messaggi semplici(stici), mossi dall’unico desiderio di mostrare un gigantesco dito medio alla politica, gli elettori populisti alla fin fine potrebbero rivelarsi come assai sofisticati. Producendo dei benefici per tutti, anche per quelli che di votare populista, con uno sguardo di superiorità, non ci pensano neppure. A quando le scuse?

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