Giorgia Meloni lancia la sfida per rifondare la Ue a partire dalle radici (e non solo dai bilanci)
A poche settimane dal voto per il rinnovo del Parlamento europeo, tocca al premier italiano reimpostare la bussola pur sapendo che la navigazione sarà tutt’altro che agevole. Giorgia Meloni si presenta alla convention di Vox indossando i panni di chi governa e aspira legittimamente a guardare oltre i confini patrii non soltanto perché - altro primato oltre ad essere la prima premier donna italiana - parla con disinvoltura le lingue straniere (alla platea di Madrid si rivolge con uno spagnolo sicuro, come sicura è la padronanza dell’inglese), ma perché sta dimostrando di saper giocare partite internazionali.
L’economista Kenneth Rogoff lo disse durante il vertice di Davos: «Dico una cosa che sorprenderà: ho sentito banchieri e policymaker discutere se l’Europa ha dei grandi leader promettenti. Nessuno riesce a pensare a qualcuno, ma in molti hanno tirato fuori il nome di Giorgia Meloni, che potrebbe essere una figura tale da prendersi questa responsabilità. Sono curioso, lo ammetto. Il presidente francese è in declino, il cancelliere tedesco è debole. Meloni è stata una sorpresa positiva rispetto alle aspettative. Magari lei può essere la risposta giusta per un’Europa in cerca di leader».
MALEDETTA UNIONE
Se così fosse è altresì interessante capire che Europa ci sarà dopo le elezioni dell’8 e 9 giugno. Chi scrive ha una idea molto tranchant illlustrata in un libro appena uscito, Maledetta Europa - dove la maledizione è nell’aver sostituito i popoli con la finanza, i governi con i mercati, l’identità con il profitto. Si tratta della stessa maledizione che si porta dietro da quando decise - al netto della descrizione fatta da Tajani sulla bandiera europea - di rifiutare l’identità giudaico cristiana, e di quel carico culturale sacrificato in nome del demone finanziario. Una leader sovranista ha il dovere di compiere una nuova taratura della Ue, sanando proprio quella ferita: non c’è Europa senza radici. La lezione di Ratzinger resta attuale.
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GLI ULTIMI 5 ANNI
Dal palco di Madrid boccia chiaramente gli ultimi cinque anni, quelli a guida della von der Leyen, quelli di un accordo tra popolari e socialisti dove questi ultimi hanno inciso più dei primi. È difficile dire come si delineerà la nuova maggioranza perché la “maledetta” Europa non ha quell’architettura che la gente si immagina(va) e quindi le scelte sulla presidenza e sulla nuova Commissione arriveranno molto tempo dopo le Europee per effetto di una ricerca difficile in seno al Consiglio europeo, quel Consiglio alla cui guida danno per candidato numero uno il banchiere Mario Draghi.
Una cosa però, a sentire la Meloni, è certa: basta con ideologiche battaglie al grido di ecosostenibilità e di digitalizzazione, rivoluzioni male odoranti di capitali investiti laddove ci sono margini di profitti importanti. Si spera in un ciclo lontano dalle direttive dell’olandese Frans Timmermans ma che la signora Ursula ha ben difeso. Nel discorso del premier italiano dunque c’è una prima stesura di quel che i filoni conservatori e “di destra” metteranno sul piatto delle trattative in caso di successo elettorale.
La Meloni cancella gli ultimi cinque annidi Commissione. Noi aggiungiamo che pure i precedenti cinque sono da ricordare come un pessimo esempio, erano gli anni del lussemburghese Juncker e delle sue profonde asimmetrie fiscali che ancora oggi restano in piedi tali e quali.
REGOLE E CRESCITA
E arriviamo così alle regole di bilancio. La maggioranza italiana ha recentemente respinto la ratifica del Mes e questo, a parer mio, è un passaggio chiave: non possiamo costringere gli Stati membri a logiche che non hanno trovato prima e non troveranno nel prossimo futuro un presupposto di crescita.
L’Europa, alla prova dei fatti, resta una sovrastruttura burocratica e lontana dai cittadini: per la sinistra, orfana di una sua propria identità (tanto che è sempre costretta a tenere a galla fantasmi retorici), l’Europa di Maastricht è l’ultimo tetto sotto il quale ripararsi; per la destra è il luogo da evitare.
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