Caso Toti, Bucci: "Tante bugie su di me, ecco perché parlerò con i magistrati"
Adolfo Celi, in Amici Miei, dichiarò di aver sofferto come un cane per 45 lunghissimi minuti quando la moglie lo scaricò. Marco Bucci non ha il cuore di pietra del professor Sassaroli inventato da Mario Monicelli e confessa di «essere rimasto sotto choc per un’ora e mezza» alla notizia «totalmente inaspettata» dell’arresto di Giovanni Toti, «un amministratore con il quale ho lavorato benissimo». Dopo di che è tornato lo spirito del manager e «mi sono rimboccato le maniche e mi sono rimesso a lavorare con ancora più lena».
Sindaco, come si governa una città come Genova avendo una spada di Damocle sulla testa?
«Io non ho motivo per pensare di essere indagato, quindi non mi sento nessuna spada sulla testa».
Apprezzo la concentrazione sull’obiettivo, ma non si può fingere che nulla sia accaduto...
«Infatti, serve più energia perché le persone non si deprimano e nessuno tiri i remi in barca, auto-motivarsi, altrimenti si ferma tutto».
Si sente un uomo rimasto solo al comando?
«No, perché avverto che la cittadinanza vuole che io vada avanti. Certo, al momento sono venuti meno alcuni interlocutori importanti, ma conto che la situazione sia momentanea».
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Con il vicepresidente della Regione, il leghista Alessandro Piana, che ha sostituito Toti, come va?
«Fila tutto liscio, la giunta regionale ha assorbito la botta».
Quanto può durare senza il presidente?
«Non sono un politico o uomo di partito; finché sarà necessario immagino».
E lei?
«Fino a fine mandato».
Cosa c’è sul piatto a Genova in questo momento e cosa si rischia di perdere con l’inchiesta?
«L’imperativo è non buttare via il bambino con l’acqua sporca. In ballo ci sono tre cose fondamentali. La prima è la credibilità, nazionale e internazionale, che la città si è guadagnata con la reazione al crollo del Ponte Morandi e la costruzione del Ponte San Giorgio. Dobbiamo lottare per mantenere alto il nome della città altrimenti il sistema collassa».
Sistema è una parola che suona male di questi tempi...
«Contesto, e arriviamo al secondo punto. Mio compito è rinsaldare la fiducia dei genovesi di poter gestire la città. Il sistema Genova ha cambiato la mentalità delle persone. Prima i cittadini se ne andavano, ora restano qui e riusciamo anche a essere attrattivi. Ci sono persone che vengono qui da Milano a vivere e lavorare. Genova con le amministrazioni precedenti aveva subito un calo demografico spaventoso; ora la popolazione sta aumentando».
Ma sistema Genova, nella percezione comune, significa lei e Toti: è opportuno per lei accostarsi a un amministratore agli arresti per corruzione?
«È una percezione falsa. Io e Toti abbiamo sempre lavorato bene insieme e siamo complementari come caratteri. Ma il sistema Genova è anche autorità portuale e governo romano, che ha creduto e investito sudi noi».
Sindaco, l’ex presidente dell’Autorità Portuale è in cella e l’attuale è indagato...
«Io le dico che Genova è un esempio di pubblica amministrazione da imitare: gli uffici lavorano, il ministero li supporta, non si perde tempo in guerre interne e non si fanno scorciatoie: ecco, questo è il nostro modello».
Lei non ha mai preso scorciatoie, eppure la descrivono come un uomo pragmatico e d’azione?
«Mai preso scorciatoie, neppure quando il decreto Genova, per la costruzione del Ponte San Giorgio in sostituzione del Morandi, ce lo avrebbe consentito».
E il terzo punto sul piatto per Genova di cui parlava all’inizio?
«Il clima di fiducia crea il terreno adatto agli investimenti. Ci sono 7 miliardi già stanziati sul capoluogo e 12 su tutta la Liguria. Ce li siamo meritati, li abbiamo messi a terra e ora dobbiamo trasformarli in opere infrastrutturali, dal tunnel sotto il porto alla gronda autostradale, dalla diga foranea alla ferrovia veloce. Questa è la realtà che, nel medio periodo, può cambiare più di tutte in Italia».
Ritiene che per realizzare tutte le opere previste servirebbe un commissariamento o una metodologia forzatamente accelerata come per il ponte?
«No. Va bene questo modello operativo».
È un’asserzione o una provocazione?
«Venite a Genova a vedere; non mi sono ammattito, le cose funzionano. Oggi qualcuno è sospettato di aver avuto comportamenti illeciti, ma questo non inficia la bontà di quanto fatto e sotto gli occhi di tutti; il nostro modello non è in discussione».
Denuncia un eccesso di burocratizzazione nelle procedure?
«Non è un problema di procedure ma di velocità nell’eseguirle. Purtroppo oggi c’è una serie di filtri burocratici che, anziché eliminare chi sbaglia, rallentano chi fa bene. Noi abbiamo sempre cercato di essere rapidi e di avere la forza di cambiare quello che non va».
Che voto si dà come sindaco?
«Nove; ho fatto tanto per Genova».
E a Toti come amministratore che voto dà?
«Non voglio dargli voti, specie in questo momento. Certo che anche lui ha fatto moltissimo per Genova e la Liguria».
Tra una settimana, il 24 maggio, è prevista la posa del primo cassone della diga foranea: un’opera davvero necessaria?
«Sulla diga ho sentito dire moltissime falsità, per esempio che avremmo già sforato il budget...».
Non è così?
«No, abbiamo previsto un miliardo e trecento milioni e la cifra è ancora quella. Quanto alla sua utilità, ci permette di aumentare di tre milioni di metri cubi l’acqua del porto, ospitando navi enormi che possono in una quindicina d’anni raddoppiare le entrate fiscali dal Porto per lo Stato, dai 5 miliardi di oggi fino a dieci. La diga non serve solo a Genova, che diventerebbe un porto in grado di competere con Rotterdam, ma a tutto il Nord Italia e l’Europa sud-occidentale».
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L’Autorità anti-corruzione ha appena detto che costa troppo...
«Chiariremo tutto; l’avvocatura dello Stato è dalla nostra parte».
Il governo verrà, il 24 maggio oppure, sotto elezioni, ci sarà il fuggi-fuggi dalla regione sotto inchiesta?
«Il ministro Salvini è atteso, ma sarebbe importante venissero anche altri. Sarebbe un messaggio importante per cambiare l’attuale narrazione negativa; servono fiducia in Genova e coraggio politico».
E i famosi tombamenti del porto voluti da Aldo Spinelli, servono?
«Macché voluti da Spinelli, sono lavori inseriti nel piano regolatore portuale nel 2001; e comunque servono per consentire l’approdo alle grandi navi».
Ma perché lei ha detto di voler essere ascoltato dai magistrati, se non risulta indagato, non teme di andarsi a cercare dei guai?
«Io ho la coscienza a posto. Voglio parlare con i magistrati per smentire la montagna di falsità che sto leggendo sui giornali. C’è un bombardamento mediatico che sta disorientando l’opinione pubblica».
Quali falsità?
«Per esempio che avremmo utilizzato per la diga i soldi avanzati dalla ricostruzione del Ponte Morandi. È una falsità, e non è la sola».
L’opposizione in Regione chiede le dimissioni di Toti e il voto anticipato...
«Politicamente fa il suo gioco, ma attenti: non conviene governare sulle macerie, è una politica di corto respiro».
Se si va al voto i lavori si fermano?
«Oggettivamente potrebbero subire rallentamenti; faremo in modo che non accada».
A Genova si respira un’aria pesante, tipo Kabul i giorni prima del ritorno dei talebani. Le persone temono chi si fermi tutto...
«Speriamo che i talebani non tornino. C’è tanto da fare e serve gente che voglia fare, e non abbia paura».
Lei in che rapporti si definirebbe con Spinelli?
«Ho con lui i rapporti di lavoro e consuetudine che ho con almeno una cinquantina di imprenditori cittadini e con tutti i maggiorenti del porto. Certo, parlare con Spinelli è più facile che parlare con qualcun altro».
Lei ha ricevuto finanziamenti per la sua campagna elettorale?
«Ho ricevuto finanziamenti dai partiti che sostenevano la mia candidatura e dalla fondazione Change di Toti, oltre che da una decina di privati. Ce n’è uno che mi ha dato 500 euro... È tutto certificato».
Il fatto di non essere un politico l’ha aiutata a restare fino a questo momento fuori dall’inchiesta?
«Penso mi abbia aiutato il fatto di non essere un uomo di partito e di non avere velleità politiche al di là di portare a termine nel migliore dei modi il mio secondo mandato. Comunque, se vuole saperlo, dormo tranquillo».
Forse bisognerebbe cambiare il modo di finanziamento dei partiti...
«Quando io lavoravo in Usa, finanziavamo tutti e potevamo detrarre le somme dalle tasse».
Poi però battevate cassa...
«È il sistema delle lobby, tutto alla luce del sole».
È migliore del nostro?
«Non sta a me dirlo. So che laggiù ha dato pochissimi problemi».
Come finirà a Genova?
«Il mare è agitato ma il vento tiene la barca in rotta».
Il vento sarebbe lei?
«No, sono i genovesi».
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