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Repubblica per criticare la Meloni cita Al Jazeera (che finanzia Hamas)

Francesco Specchia
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Il giornalismo è negli occhi di chi guarda; è la ricerca «non della verità ma della miglior versione della verità possibile», insegnava il premio Pulitzer Bob Woodward. Bisognerebbe che i colleghi di Repubblica tenessero conto del maestro liberal delle inchieste, prima montare come maionese impazzita il caso “Al Jazeera analizza le proteste dei giornalisti Rai per TeleMeloni”, in un articolo pubblicato sull’edizione di sabato del quotidiano di Molinari; pezzo naturalmente rimbalzato, via social, tra gli indomiti crociati dell’orchitico “Caso Scurati”.

Oramai, ogni volta che viene evocato il “monologo antifascista” commissionato allo scrittore e non andato in onda il 25 aprile a Che sarà di Serena Bortone, ecco, da sinistra, lo scatto pavloviano, la crisi di nervi accompagnata da scarmigliate accuse di nazifascismo. Comprensibile, per carità. Ognuno ha gl’impeti freudiani che si merita. Epperò, tralasciando le trite, estenuate versioni sullo Scurati oscurato, qui il vero problema è un altro. Il problema è che qui Repubblica cita il podcast di Tariq Nafi, collega dell’emittente del Qatar. Il quale, da Doha, riferisce che, dopo Scurati, «i giornalisti Rai hanno organizzato uno sciopero per quello che il loro sindacato ha definito un controllo soffocante da parte dell’amministrazione di Giorgia Meloni e il tentativo di trasformare la rete in “un megafono del Governo”». E che, soprattutto, «è ordinario che in Italia i governi nominino persone lealiste le posizioni di vertice in Rai», sottolinea il giornalista di Al Jazeera, come un Di Trapani qualsiasi, «ma da quando è entrata in carica nel 2022 l’interferenza percepita di Meloni nell’emittente ha indotto alcuni presentatori e dirigenti di alto livello ad andarsene». Non è tutto.

 

 

 

LIBERTÁ DI STAMPA

La stessa emittente qatarina, pochi giorni prima, aveva informato che «in quanto emittente pubblica i cui vertici sono scelti dai politici, l’indipendenza della Rai – che ha una quota di ascolto in prima serata pari a circa il 39% – è sempre stata oggetto di dibattito. L’arrivo al potere di Meloni, che ha formato una coalizione con il partito di estrema destra della Lega di Matteo Salvini e Forza Italia di Silvio Berlusconi, ha raddoppiato le preoccupazioni»; e tra le preoccupazioni c’era, ça va sans dire, il calo della nostra libertà di stampa al 41° posto nel World Press Freedom Index (nel 2022 eravamo al 58° posto, ma fa nulla, ndr...). Ora, diamo per scontata la livorosa infondatezza dei testi e l’ammirevole costruzione di una realtà parallela, ché richiederebbero un pezzo a parte.

Resta il vero problema: l’esaltazione, appunto, e l’ostensione, da parte di Repubblica, del pensiero di Al Jazeera a modello assoluto di verità e difesa dei diritti civili. Ragazzi, Al Jazeera. Al Jazeera che denuncia l’autocrazia in Italia. Suvvia, Al Jazeera. Cioè la tv che dal 1996, fondata dall’emiro del Qatar Hamad bin Khalifa al-Thani e diretta dal di lui cugino Hamad bin Thamer Al Thani, viene ripetutamente «accusata di fomentare il radicalismo islamico, Al Jazeera ha più volte trasmesso i messaggi audiovisivi dei leader dell’organizzazione terroristica al-Qaida e di movimenti ad essa collegati», scrive l’enciclopedia Treccani.

 

 

 

Che aggiunge: «Finanziata dal governo di Doha, Al Jazeera è anche accusata di non trattare con la stessa indipendenza le questioni politiche e sociali del Qatar e di altri paesi del Golfo, così come le altre realtà arabe». Cioè: Al Jazeera la vera voce dei veri autocrati e dei terroristi, che si preoccupa di “TeleMeloni” è come Putin quando afferma che l’Ucraina voleva invadere la Russia. Al Jazeera, dài. L’emittente libertaria che ha evitato accuratamente di trattare lo scandalo dell’indagine di Amnesty International sulle gravi violazioni che coinvolsero centinaia di lavoratori migranti assunti nel settore della sicurezza ai tempi dei Mondiali di calcio, dove morirono 400/500 lavoratori, molti dopo aver sgobbato 12 ore al giorno fino a 38 giorni consecutivi senza mai riposare né ricevere una retribuzione per gli straordinari. Trattamenti terribile che violavano le leggi del Qatar, ma guai a denunciarlo da parte dell’impeccabile Al Jazeera (nonostante le ripetute accuse di abusi degli schiavizzati).

 

 

 

DIRITTI CIVILI

Diomio, direttore Molinari: il Qatar. Ossia il Paese che negli ultimi anni, più o meno ufficialmente, ha finanziato diversi gruppi di terroristi internazionali compreso Hamas e gli Houthi. E che ospita, a Doha, anche gli stessi rappresentanti di Hamas, il peggio del peggio dei tagliagole. Il Qatar. Nazione in cui la stessa Freedom House denuncia che «la libertà di espressione, la libertà di stampa e la libertà di associazione sono tutte severamente limitate», in ogni sondaggio annuale su diritti politici e libertà civili; e, per dirla tutta, quei sondaggi dimostrano che la situazione dei diritti umani lì non è affatto migliorata, anzi è peggiorata da quando il Qatar ottenne il diritto di ospitare la Coppa del Mondo nel 2014.

Il Qatar. Luogo dove le autorità impongono rigide restrizioni ai giornalisti, lasciando pochissimo spazio al giornalismo indipendente; dove coloro che criticano lo Stato, inclusi attivisti e giornalisti, ricevono pene detentive incredibilmente dure, spesso a seguito di processi iniqui e base di ergastolo e arresti arbitrari (i nomi del medico Hazzaa bin Ali Abu Shraydeh Al-Marri, e di suo fratello avvocato Rashid bin Ali Abu Shraydeh Al-Marri, o del poeta Mohammed bin Rashid bin Al-Dheeb Al-Ajami, dissidenti, non dicono nulla agli occidentali, ma dovrebbero dirlo ad Al Jazeer). Il Qatar. Il posto in cui le donne devono ottenere il permesso dai tutori maschi per poter ottenere un'istruzione, sposarsi, viaggiare all’estero e accedere all’assistenza sanitaria riproduttiva; e dove il popolo LGBT+ registra migliaia di denunce di discriminazioni su cui non mi pare che l’ineffabile Al Jazeer abbia mai preso posizione. Anzi. M’immagino Woodward a Doha, che tiene una conferenza sulle stroboscopiche versioni delle verità di Al Jazeera (e di Repubblica)...

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