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Superbonus, scontro Giorgetti-Tajani

Michele Zaccardi
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Le divergenze, sopite da due giorni, deflagrano a ora di pranzo. Sono circa le 13 quando Antonio Tajani prende la parola a un convegno a Lecco e apre una crepa all’interno del governo. «Ho qualche perplessità sulla retroattività dell’ultima proposta del ministro dell’Economia» dice il vicepremier. Si riferisce alla norma che impone di spalmare i crediti generati nel 2024 dal Superbonus 110 su dieci anni invece che su quattro o cinque. Una soluzione escogitata da Giancarlo Giorgetti e dai suoi tecnici per ridurre l’impatto dei bonus edilizi sui conti del 2025 e del 2026, garantendo così, per il biennio, 2,4 miliardi di minor deficit. Ma l’escamotage, sebbene limitato soltanto ai crediti sorti nel 2024 (circa una decina di miliardi) e non, come era stato pure paventato, esteso ai 76 miliardi generati nel 2023, in gran parte in pancia a imprese e istituzioni finanziarie, riceve la disapprovazione di Tajani, dubbioso sulla diluizione in dieci anni («forse sono troppi»).


Più che politico, però, lo scontro appare legato alle diverse sensibilità, che derivano dai rispettivi ruoli. Da un lato c’è l’attenzione di Giorgetti agli equilibri di bilancio, messi a repentaglio dalla coda velenosa del 110, introdotto da Conte nel 2020 e a cui non si è riusciti a porre un argine con la stretta del febbraio dell’anno scorso; dall’altra la vicinanza di Tajani alle esigenze delle imprese.

 

 


La miccia, in ogni caso, viene accesa dal vicepremier mentre la Commissione finanze del Senato sta ancora aspettando il deposito dell’emendamento del governo sul decreto Superbonus, che contiene la stretta sul sussidio edilizio. «Come Forza Italia» sottolinea il leader degli azzurri, «vogliamo ascoltare le imprese e le banche per capire se ci sono dei danni o se bisogna intervenire in Parlamento per fare delle proposte, fermo restando l’intervento indispensabile per fermare i danni del 110». Parole a cui Giorgetti, consapevole della necessità di limitare ulteriori esborsi per i crediti edilizi (219 miliardi di euro dal 2020), frenando così la «valanga» come l’ha definita, risponde lapidario: «Io ho una responsabilità e difendo gli interessi dell’Italia come ministro delle finanze. Chiaro?». Poi, in serata, arriva il richiamo alla cautela: «Aspettate i testi, non le fantasie», dice ai cronisti, senza rispondere però a chi gli chiedeva se si fosse chiarito con Tajani. Ma le scintille proseguono. Perché il vicepremier replica di nuovo. «Anche io faccio l’interesse degli italiani» ribatte. «È una proposta di Giorgetti, non è una proposta del governo, perché io non sono mai stato consultato. Valuteremo i contenuti». «Dobbiamo sentire le imprese, le banche, perché qualche perplessità c’è» aggiunge Tajani, riferendosi alle preoccupazioni sollevate dal mondo del credito e da quello dell’edilizia, con l’Ance, l’associazione dei costruttori, che dallo “spalma crediti” si aspetta un impatto su circa 16 miliardi di euro di lavori in corso. «Non è stata una decisione del governo, è stata una proposta, la valuteremo in Parlamento» precisa Tajani, che rimarca di nuovo i dubbi «sulla retroattività» della misura: «È un principio giuridico che secondo me non funziona». «Voglio vedere il testo, ma non c’è nessuna polemica» afferma il vicepremier, «se è una decisione collegiale va bene, ma una decisione individuale si valuta e si discute».


Intanto, l’allarme delle imprese resta alto. Per capire che il 110 era «uno sfascio della finanza pubblica» non «si doveva aspettare la primavera del 2024», osserva il presidente dell’Associazione bancaria italiana (Abi), Antonio Patuelli, a cui «non va giù» «pagare delle tasse in termini retroattivi, senza certezza del diritto». Federcostruzioni, invece, prevede «danni pesantissimi» per la filiera. Ma i contorni precisi del provvedimento non sono ancora stati delineati. Oltre allo “spalma crediti”, l’emendamento, che il governo presenterà in Commissione finanze per modificare il decreto Superbonus, dovrebbe contenere anche anche l’estensione delle deroghe su sconto in fattura e cessione del credito per alcuni territori colpiti da calamità naturali e per gli immobili del terzo settore.

 

 

 

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