Meloni, Domenico Giordano: "Scrivete Giorgia? Attrae elettori tra gli astenuti"
«Scrivete solo Giorgia». Un passo in avanti in Europa. Una candidatura, attesa. Una richiesta di fiducia. E il nome, nel simbolo così come sulla scheda alle urne, come sintetico brand elettorale. Dinamite, per una sinistra che vacilla e che con piglio da Azzecca-garbugli insorge sostenendo che «Giorgia non è un soprannome» e che, dunque, sulla scheda non si può scrivere. Bazzecole. La sostanza è che la paura monta: qual è la potenza del brand?
Quanto vale in termini di consenso? Abbiamo girato la domanda a Domenico Giordano, data analyst di arcadiacom.it, il quale in estrema sintesi ci ha confermato la fondatezza dei timori progressisti.
«Una percentuale ad ora non è stimabile. Si può però fare un ragionamento, arrivare a conclusioni interessanti».
Prego...
«Il punto è che dire “scrivete Giorgia” è una scelta di tattica elettorale, cosa differente rispetto alla strategia elettorale: la volontà della Meloni è sempre più quella di insistere su una totale disintermediazione tra istituzioni e cittadini. La sua, come diciamo noi addetti ai lavori, è stata una call-to-action».
Ovvero?
«Si chiede all’elettore una risposta semplice. Alle urne non si dovrà ricordare simbolo o cognome, solo un nome. Può apparire scontato, non così rilevante, ma la verità è che la scelta pesa tantissimo nel contenere l’astensione».
Basta il nome?
«In una certa misura sì, basta la semplicità del concetto. L’elettore non è portato, per esempio, a scegliere se votare contro la Ue matrigna. Se ci si limita a dire “scrivete Giorgia” per certo si incide sulla quota dei non votanti, riducendola. Non si tratta di una scelta di parte, centrodestra o centrosinistra: bisogna scegliere se stare con Giorgia oppure contro. Una personalizzazione così marcata risulta funzionale, l’operazione è riuscita alla grandissima».
Proprio impossibile stimare questo «alla grandissima»?
«Uno, due, tre punti in più per FdI? A 50 giorni dal voto è impossibile dirlo, ma di sicuro posso dire che porterà voti in più: il partito godrà dell’effetto-traino di chi si convince a votare».
Sottrarrà voti agli alleati di Lega e Forza Italia?
«In parte. Con una proporzione grossolana, dico che dei voti in più per FdI il 70% arriverà dal bacino dell’astensionismo e il 30% da un elettorato che si considera culturalmente, non ideologicamente, di centrodestra».
Perché oggi un elettore di centrodestra si converte a Meloni?
«Perché oggi molti in più le riconoscono credibilità. Questo lo dimostra il fatto che in un anno e mezzo, il tempo trascorso a Palazzo Chigi, i canali social della Meloni registrano meno interazioni rispetto agli esordi, ma sono quelli cresciuti di più in termini di seguito».
Capitolo Schlein: anche lei voleva il nome nel simbolo, ma ha desistito. Ha sbagliato?
«Assolutamente, è stato un errore madornale dal punto di vista della comunicazione politica, che oggi è del tutto personalizzata. Ma è stato anche un errore strategico».
In che senso?
«Rendere pubblica l’ostilità del Pd all’idea di scrivere Elly nel simbolo ha ulteriormente intaccato la percezione in termini di credibilità e leadership, fuori e dentro il partito. Un passo indietro così palese incide negativamente sull’idea che si fa il pubblico circa la capacità della Schlein di governare la complessità del Pd».
Il partito se la è pappata...
«... e lei si è autocastrata. Ha pagato ancora una volta pegno alle incrostazioni culturali della sinistra. Risultato? Oggii cittadini potranno votare Giorgia ma non Elly. Il piatto della bilancia della comunicazione pende tutto a favore della leader FdI».
Ma Elly sulla scheda avrebbe davvero portato voti?
«Le rispondo così: per certo, qualsiasi sarà il risultato del Pd alle Europee, verrà imputato alla segretaria. A quel punto tira dritto: metti Elly nel simbolo, polarizza la campagna elettorale, gioca ad armi pari.
E le rispondo così perché sì, le avrebbe portato più voti».
L’operazione “scrivete Giorgia” è stata un successo anche sui social?
«Sì, l’annuncio è stato accolto in modo molto positivo da chi già la seguiva. Il 28 (giorno della kermesse di Pescara, ndr) e il 29 aprile, per fare un esempio, su Instagram l’engagement è cresciuto del 300%. Sono cresciuti anche i seguaci, seppur di poco, ma anche quello è un segno. Gli stessi trend li abbiamo registrati su Facebook e Twitter».
E tra chi non segue Meloni?
«Il sentiment positivo nella mattinata di domenica, quando parlava dal palco, ha toccato il 53%: più di una persona su due tra quelle che hanno scritto online qualcosa afferente alla parola “Giorgia”, a prescindere dall’orientamento politico, ne ha scritto bene».
Da neofita, pare un dato impressionante.
«Lo è, soprattutto rispetto alla media del sentiment positivo raccolto da Meloni negli ultimi mesi, che oscilla tra il 28 e il 34%. Va detto che il 53% fa riferimento all’annuncio, non a tutto il conversato che ne è seguito. Ma il dato resta impressionante. Dal palco di Pescara ha rievocato le sue origini, è tornata al concetto dell’underdog, ha preparato alla perfezione le condizioni per un’accoglienza emotiva positiva».
«Scrivete solo Giorgia» ha fatto il resto.