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Capezzone: Allarme rosso: è sparito il senso dell'umorismo

Daniele Capezzone
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Sulla cosiddetta vicenda-Scurati, Libero vi ha raccontato sin dal primo minuto di gioco tutto quello che c’era da capire. Rivediamoli, dunque, i personaggi e gli interpreti. C’è una conduttrice in crisi di ascolti che – oplà – cerca la via del martirio, anzi una seconda giovinezza come una specie di Rosa Luxemburg di Raitre, un’eroina del socialismo rivoluzionario. Viene da ridere a tutti, ma lei sembra molto compresa nella parte. Poi c’è lo scrittore antifascista professionale: che nei giorni pari fattura e nei giorni dispari fa il partigiano. Pure lui vede la ghiotta occasione di dare una lucidatina alla sua statua in bronzo che si è un tantino impolverata, e si lancia impavido nell’impresa. E infine – come il coro in ogni tragedia greca che si rispetti – c’è la torma degli intellettuali progressisti: sempre a lutto (modello Irene Papas nei film di Elio Petri negli Anni Settanta,) o sempre sull’orlo di una crisi di nervi: si sa, la democrazia è in pericolo, e pure il mutuo della terza casa è a rischio. Morale: urge una chiassata contro il fascismo in agguato, anche perché dopodomani è 25 aprile.

 


Dopo di che, a cascata, arrivano gli aspiranti-Scurati, i censurati-wanna be: ieri ogni mezz’ora ne usciva uno nuovo (o seminuovo), tutti con il loro papello da declamare, la loro “storia oscurata”, la loro “verità celata agli italiani”. Se li incontrate, dite loro una parola gentile, riconsegnateli ai parenti, aiutateli ad attraversare la strada. Soprattutto, assecondateli: non stanno bene. Non ci sarebbe molto altro da aggiungere, se non una considerazione solo apparentemente laterale. Un’emergenza democratica, amici lettori, effettivamente c’è: e però non è quella denunciata dai novelli partigiani (o forse party-giani, occhio al refuso malandrino). L’autentica emergenza che esplode in tutta la sua carica di drammaticità è l’assoluta mancanza di senso dell’umorismo – oltre che della misura – di questi signori della cultura di sinistra. Ma quanto si prendono sul serio! Ma quanta pesantezza! Ma quale mancanza di qualunque légèreté mozartiana. Per contrappasso, si meriterebbero un redivivo Cav che tornasse a sbertucciarli: «Non sapete neanche sorridere...».

 


Riguardate alla moviola la scena dello Scurati al festone di Repubblica. Vestito di scuro, solenne-sacerdotale-ieratico, volto emaciato, occhio spiritato, boccuccia a culo di gallina. Toni apocalittici: «Arriva la paura. Esci di casa e guardi a destra e sinistra. Mi hanno disegnato un bersaglio in faccia». E, dopo la lettura del suo temino (sobriamente definito su qualche giornale “orazione civile”), arriva puntuale come una cartella dell’Agenzia delle Entrate la standing ovation del pubblico. Maurizio Molinari, che ricordavamo come uomo laico e spiritoso, se lo guarda estasiato, e pare Bernadette nella grotta di Lourdes. Intanto è prevista pressoché ovunque, in giro per l’Italia, la lettura del TSS (testo sacro scuratiano): nelle fiere di paese, ai matrimoni, ai funerali, ovviamente in occasione del 25 aprile. Il prossimo passo – spoileriamo – sarà l’esportazione del “caso” all’estero: serve come minimo una raccolta di firme, una chiamata, un grido d’allarme contro l’Italia melonizzata e fascistissima. Dai, non fateci aspettare ancora: stiamo sulle spine.

 


Intanto si rode d’invidia il povero Roberto Saviano, imprevedibilmente scavalcato da un outsider nei panni dell’agnellone sacrificale, del caprone espiatorio, dell’eroe vilipeso e in odore d’esilio. I britannici, per dire che uno non vuol essere secondo a nessuno, dicono che Tizio «non vuol essere secondo violino»: ecco, nel caso di Saviano, diremmo che non vuol essere secondo trombone. E dunque soffia-sbuffa-suona-rintrona, nella speranza di riguadagnare un filo d’attenzione: ‘sto cavolo di Scurati l’ha impallato, come osa. Gentile Scurati, ora che siamo in confidenza, passo a una formula più diretta, quasi epistolare. Lei – è chiaro – aspira come minimo ad un busto al Pincio: ma stia attento, su quei busti si posano a volte piccioni irrispettosi, che, ignari del valore morale e civile della statua, depositano a tradimento proprio lì sopra i loro bisognini. Stia attento: sono inconvenienti spiacevoli, e noi siamo qui per metterla in guardia. Potrebbe tuttavia accaderle di peggio: e cioè uscire di casa e non essere riconosciuto proprio da nessuno.

 

Anzi sì, ecco arrivare un signore che la fissa intensamente. Chi sarà? Un lettore? Un fan? Un eroico resistente come lei? Ahi, atroce equivoco: è solo un tifoso del Milan che l’ha scambiata per un mezzobusto di Telelombardia e le chiede notizie sulla campagna acquisti dei rossoneri. Un atroce qui pro quo, un terrificante equivoco, o forse – chissà – l’ennesimo piano diabolico della fascistissima Meloni. Immaginiamo il suo sgomento: povera Italia, quanta rozzezza, quanto populismo, quanta ignoranza! Ma al suo fianco restiamo noi di Libero, per aiutarla e starle vicini. Lei cerca il pennacchio: e quello no, non glielo possiamo offrire. Ma un amichevole pernacchio, per aiutarla a prendersi un po’ meno sul serio, quello sì. Glielo inviamo con tanta cordialità.

 

 

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