Elly Schlein, in direzione Pd niente accordo sul nome nel simbolo: "Mandato alla segretaria"
Nel Pd sono d'accordo solo su una cosa: rinviare le decisioni importanti a data da destinarsi. Finisce in farsa la direzione che avrebbe dovuto sancire la candidatura alle Europee della segretaria Elly Schlein, con tanto di nome della leader nel simbolo della lista. I dem infatti si sono spaccati e le reazioni negative alla discesa in campo dell'attuale deputata avrebbero rischiato di creare un caso politico ancora più fragoroso. Di fatto, procedere con un colpo di mano avrebbe significato indebolire, e non rafforzare la posizione della Schlein. Per questo, si è deciso di votare sì le liste dei candidati, congelando l'altra metà della discussione.
La direzione ha così approvato con tre astenuti le liste per le Europee e dato mandato alla segretaria di completare i nomi mancanti e a fare la valutazione finale su come finalizzare al meglio il suo contributo alla battaglia elettorale. Una formula in perfetto politichese per evitare di andare a sbattere, contando sull'efficacia di una moral suasion su Elly. La scelta, secondo quanto viene spiegato, è tra la possibilità di candidare Schlein capolista nelle circoscrizioni Centro e Isole come previsto attualmente e inserire il suo nome nel logo elettorale oppure candidarla in tutte le circoscrizioni.
La candidatura alle europee può essere un "valore aggiunto" per le liste del Pd, anche in chiave dello scontro diretto con Giorgia Meloni. Per questo si era pensato a una candidatura "in tutte le circoscrizioni", poi ridotte a due. Come "alternativa" è nata la proposta di inserire il nome della segretaria nel simbolo, ha dovuto spiegare la stessa Schlein ai dirigenti del suo partito, segno di una certa mancanza di comunicazione tra le varie aree dem e, in generale, di una mancanza di idee forti.
Non a caso, alla fine, ha vinto la proposta della senatrice dem Valeria Valente di tenere separata la votazione sulle liste da quella sul nome di Schlein nel simbolo. "Questa campagna elettore è iniziata da tempo - ha provato invece ad accelerare Francesco Boccia, presidente dei senatori dem -. E la destra ha scoperto le sue carte e il suo obiettivo: la regressione su principi e valori, nel nostro Paese e in Europa, che noi non pensavamo potessero mai essere in discussione. Dai diritti civili alle libertà. Il governo Meloni sta insieme per condividere il potere in Italia ma, sull'Europa, ha due vicepremier che la pensano in maniera profondamente diversa tra loro e con la stessa premier. Come Pd siamo molto preoccupati. Il nostro programma per l’Europa è alternativo a quello di Giorgia Meloni, perché il nostro obiettivo è quello di costruire una Europa politica spazzando via i veti nazionali, il suo é indebolire l'Europa mantenendo il potere di veto degli Stati. Per questo penso che la proposta delle liste sia una proposta forte, unitaria e importante che delinea la nostra idea di Europa, alternativa a quella della destra. Chi candidare contro Vannacci se non Alessandro Zan? Se c'è qualcuno che ha un'idea diversa si candidi e dia un contributo. Questo è il tempo che impone, a chi critica, anche di dire cosa intende fare per rafforzare il Pd in Europa. Le capolista civiche Lucia Annunziata e Cecilia Strada indicano una rotta chiara sull'idea di Europa e sulla politica estera. Così come l'impegno diretto della segretaria Schlein al centro e nelle isole e del presidente Bonaccini nel NordEst". Non tutti però, erano d'accordo.