L'allarme di Cingolani: i somari rossi silenziano tecnici e scienziati
Studenti che negano la precondizione per essere tali, sapere di non sapere, e si mettono ad aggredire chi effettivamente sa. Gente che non solo rinnega l’insegnamento socratico, ma che a Socrate avrebbe volentieri fatto trangugiare la cicuta, incoraggiandosi con un applauso collettivo, perché il gruppo, anzi la tribù acefala, è l’unica forma di vita che conosce. Gente appunto come gli scalmanati “studenti” (ma chiediamo scusa a tutti coloro che danno un senso alla parola stando chini sui libri) pro-Palestina (che poi è il grande inganno, sono schiettamente pro-Hamas) i quali in questi giorni hanno sequestrato le università italiane in un girone infernale di ideologia, violenza e delirio esplicito. Le loro ultime imprese sono state raccontate da Roberto Cingolani, amministratore delegato di Leonardo Spa, che è intervenuto ieri in videocollegamento al Festival euromediterraneo dell’economia in corso a Napoli. «Mi scuso di non esserci» ha esordito Cingolani «ma purtroppo ci sono stati problemi di sicurezza». E non problemi generici: a qualcuno non piace proprio che parli lui, l’ad della dodicesima impresa di difesa nel mondo, la prima nell’Unione Europea, un’eccellenza italiana assoluta non solo nel campo militare, ma anche in quello aeronautico e in quello aereospaziale.
Quel qualcuno è la gente di cui sopra, ipotetici studenti e conclamati manganellatori. Ha spiegato Cingolani: «Anche ieri in un’altra università italiana nostri tecnici e ingegneri sono stati attaccati fisicamente da un gruppo di manifestanti». Occhio: tecnici, ingegneri, comunque detentori di una conoscenza specifica ed altamente qualificata che mettono a disposizione della difesa nazionale, sono stati «attaccati fisicamente» in una università. Sembra la rievocazione dell’assalto agli “intellettuali” e ai quadri “borghesi” portato dalle Guardie Rosse di maoista memoria durante la Rivoluzione Culturale, è la cronaca italiana del 2024. Un remake parodistico, meno tragico, ma fuori da qualunque canone della convivenza liberale e democratica. Una «maniera riprovevole di esprimere il dissenso», l’ha descritta l’ex ministro, che ha prodotto la decisione di «sospendere almeno per un mese, come Leonardo, le visite in centri accademici, perché non è sicuro». Di nuovo, focalizziamo, ché ormai le agenzie sono costrette a riportare il grottesco sotto forma di normalità: negli atenei italiani “non è sicuro” che si aggirino figure ad alta competenza scientifica le quali dialoghino con gli studenti, anche per saldare il mondo accademico a quello del lavoro ad elevata specializzazione, perdipiù riferito a una filiera decisiva per il nostro sistema industriale e per l’interesse nazionale.
Dice Cingolani: «Andiamo semplicemente a parlare con gli studenti perché c’è carenza di personale Stem ed è importante, per il futuro e il progresso della tecnologia del Paese e dell’Europa, che ci sia grande attenzione su questo». Stem è acronimo che indica le discipline tecno-scientifiche, non c’è un grammo di ideologia, si parla di sviluppo e posti di lavoro. Ma questi professionisti lavorano per Leonardo, e tanto basta per scatenare l’automatismo gregario e beota «fuori la guerra dall’università!» e la corsa a dimostrare i propri istinti pacifisti dando la caccia fisica a costoro. I nostri atenei ormai sono altrettante imitazioni dei campus d’Oltreoceano (il conformismo irriflesso è la vera molla della contestazione giovanile, almeno dalla diagnosi pasoliniana del Sessantotto in poi): altrettanti luoghi in cui è a rischio, se non espressamente negata, la libertà d’espressione e perfino di circolazione. Un volta questa stortura, questo controsenso supremo, si palesava in casi clamorosi, indicibili, come quello che riguardò Benedetto XVI, che oltre ad essere l’allora Pontefice è stato uno dei massimi pensatori di fine secolo, a cui fu di fatto impedito di parlare a La Sapienza.
Poi ha cominciato a diventare censura ripetuta, sistematica, espulsione di idee sgradite, di libri sgraditi, di ospiti sgraditi (il direttore editoriale di Libero Daniele Capezzone ne sa più di qualcosa, ma ultimamente è toccato perfino al direttore di Repubblica Maurizio Molinari, colpevole di non essere dichiaratamente anti-israeliano). Infine, si chiude il cerchio, si arriva a colpire i tecnici, i possessori di un sapere particolare e non connotato valorialmente, ma già per questo colpevoli, perché non connotati come aggrada a questi moderni squadristi. È il manganello degli ignoranti, e il fatto che venga brandito nelle università ci dice che siamo prossimi al punto di non ritorno.