Giorgia Meloni contro la sinistra: "È finita la repubblica delle banane"
Vito Bardi ha ammesso di essere «superstizioso». Ma questo non gli ha impedito, prima di salire sul palco in piazza San Giovanni Bosco, a Potenza, per la chiusura della sua campagna elettorale insieme ai leader del centrodestra, di abbandonare la tradizionale cautela del candidato per sfoggiare ottimismo. «Penso di superare il 50%», ha detto ai microfoni di Un giorno da pecora, su Rai Radio1, il governatore uscente della Basilicata. Del resto a spingerlo verso il bis non ci sono solo le forze della maggioranza, che ieri pomeriggio si sono presentate al gran completo nel capoluogo lucano per sostenerlo prima dell’apertura delle urne - i 567.959 elettori potranno votare domenica dalle 7 alle 23 e lunedì fino alle 15 - ma anche Azione e, attraverso la lista civica Orgoglio lucano, Italia Viva. Lasciando al rivale Piero Marrese, presidente della provincia di Matera, quel che resta del “campo largo”. «È l’alleanza più vasta di sempre nella storia del centrodestra italiano», sottolinea con orgoglio Gianfranco Rotondi aprendo gli interventi. Giorgia Meloni arriva mentre sul palco c’è Maurizio Lupi, leader di Noi Moderati. Bardi prende la parola prima dei leader di Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia, quando la pioggia non cade più.
«L’unica risorsa vera per questa Regione è la coalizione di centrodestra», scandisce il governatore prima di lasciare il microfono ad Antonio Tajani reduce dal G7 di Capri. «Siamo tutti insieme», ricorda subito - pensando alle divisioni nel centrosinistra- il vicepremier e leader di Forza Italia, che è anche il partito di Bardi. «Il vero campo largo è il centrodestra e mi attendo un risultato straordinario, lunedì sera festeggeremo», prevede il capo della Farnesina.
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SEMPRE UNITI
Matteo Salvini va all’attacco sui cavalli di battaglia della Lega in vista delle Europee: immigrazione, lotta alle restrizioni sulle auto a benzina in Europa e all’utero in affitto, pace e no alla «follia» della svolta green sulle case. «Questa Europa va cambiata radicalmente». Sul retro, Meloni consulta il suo quaderno di appunti prima di chiudere, con il suo intervento, la manifestazione. La presidente del Consiglio parte ringranziando gli alleati «da trent’anni a questa parte, stiamo insieme per scelta e per una visione. Noi ridiamo per le ricostruzioni sudi noi». Il comizio arriva il giorno dopo lo sfogo, da Bruxelles, sulle «bugie» contro il governo e Meloni, in continuità con l’operazione anti-bufale, ricorda i numeri «da record» su occupazione, contratti stabili, lavoro femminile e recupero dell’evasione fiscale.
«Non vi fate raccontare le fake news», ad esempio sulla salute. «Abbiamo messo più soldi di tutti nel fondo sulla sanità», rivendica la premier, «la sinistra non faccia la morale». Come invece fa sulle tasse «la segretaria del Pd Schlein». «$ vero, non sono una cosa bellissima, ma necessaria», ribatte Meloni. $ la lotta alle «falsità spudorate» dell’opposizione il canovaccio che segue la leader di Fratelli d’Italia. Sull’autonomia differenziata («inutile dire che il governo abbandona il Sud»); sul carcere per i giornalisti («come si fa a raccontare falsità così»); sulla sicurezza («abbiamo assunto oltre 15mila agenti»). Sulle divise Meloni colpisce con ancora più durezza. La premier ricorda i disordini e le violenze di piazza di questi ultimi giorni: «Voglio esprimere la mia solidarietà alle Forze dell’ordine per le aggressioni subìte nelle università, visto che nessun esponente del centrosinistra lo ha fatto, evidentemente perchè simpatizza di più con chi li aggredisce».
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«DALLA PARTE GIUSTA»
I toni si alzano, Meloni a testa bassa punta l’indice sul centrosinistra: «Non sto dicendo che va tutto bene, ma ce la stiamo mettendo tutta e fino a quando il popolo me lo chiederà, non mi risparmierò in questo lavoro». Intanto, afferma, «è finita la repubblica delle banane, dove i prevaricatori e i delinquenti la fanno sempre franca. La sinistra può anche stracciarsi le vesti, non mi interessa, significa che io sono dalla parte giusta della storia». Il comizio finisce con i leader sul palco a cantare l’inno nazionale.