Suviana, un'altra figuraccia Pd sulla tragedia
Adesso è ufficiale, definitivo. Il disastro di Suviana ha un bilancio di sette morti accertati e quattro feriti gravi. Sono passati cinque giorni e solo ieri i sommozzatori dei vigili del fuoco riescono a recuperare l’ultimo disperso. È vicino alla turbina, al nono piano, «in una posizione che ritenevamo quella maggiormente probabile» (dice Giuseppe Petrone): si tratta di Vincenzo Garzillo. Napoletano, 68enne, mancava solo lui all’appello. Più o meno nelle stesse ore arriva la notizia (positiva, almeno quella) che l’operaio di 35 anni ricoverato in rianimazione al San’Orsola di Bologna, ferito pure lui dopo quello scoppio immane, è fuori pericolo. Si salverà. Eppur la gioia (immensa) dura un attimo: sul lago di Suviana si lavora ancora senza sosta, per mettere in sicurezza la struttura e permettere le perizie. Si lavora come ha fatto, per tre giorni di fila, Simone de Angelis, un ragazzo che quella centrale la conosce centimetro per centimetro e che ha guidato i soccorritori.
«Appena trovato il quarto disperso ha avuto un mancamento, è stato portato via in ambulanza», racconta l’ad di Enel green power Salvatore Bernabei. «All’interno della centrale c’è un sistema di controllo», spiega. Una sorta di «scatola nera che è ora in mano all’autorità giudiziaria e che verrà esaminata». Perché ora bisogna capire. Cosa sia successo. Sulle salme si eseguono i primi esami: non si tratta di vere e proprie autopsie perché la causa della morte, purtroppo, è nota a tutti. Quell’esplosione sommersa, maledetta. «Aspettiamo i risultati dell’inchiesta», specifica il ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin, «non ha senso fare congetture».
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Poi si passerà alla messa in sicurezza. Le analisi per capire «cos’ha dentro» spiegano Arapae Emilia Romagna, l’agenzia regionale di prevenzione. Inevitabile arriva l’ora delle polemiche. «Stupiscono le osservazioni del collega deputato del Pd Andrea Orlando sul codice degli appalti», ribatte Alessandro Cattaneo, deputato di Forza Italia. L’ex ministro del Lavoro dovrebbe piuttosto lamentarsi «perché non si è adoperato per cambiare il codice degli appalti quando era al governo». Insomma, appaltare o subappaltare, si interroga Cattaneo, «può essere considerato un reato? E per quale motivo? I subappalti in misura controllata e circoscritta fanno lavorare le nostre piccole medie imprese, che rappresentano il 90% del tessuto produttivo italiano».
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