Giuseppe Conte, il piano: usare la questione morale per espugnare la sinistra
Per onestà verso il pubblico, secondo la scuola di Indro Montanelli che lo considerava il suo unico editore, pur in una visione utopistica uguale a quella di Papa Francesco nella immaginazione di un Inferno vuoto, debbo riferire di un simpatico avvertimento fattomi dal direttore nell’accogliere la mia proposta di intervento sulla storia immorale della questione morale. Che molti fanno risalire, a torto o a ragione, al 1981 per via di un’intervista a Eugenio Scalfari in cui Enrico Berlinguer rivendicò la diversità, superiorità e quant’altro del suo partito per giustificarne il ritiro sia dall’originario progetto del compromesso storico con la Dc sia dalla variante della politica di solidarietà nazionale. Che gli era stata concessa nel 1976 dall’ancor vivo Aldo Moro per ammetterlo solo all’appoggio esterno a governi monocolori democristiani guidati da Giulio Andreotti.
«I voti comperati vanno puniti», mi ha all’incirca detto Mario Sechi. Certo, pur non tagliando le mani a chi li ha dati, e neppure a chi li ha presi, ma applicando le leggi che vigono nella nostra civile, anche se non civilissima Italia. Sono d’accordo, ho risposto al direttore che per età, frequentazione e comunanza di simpatie e antipatie considero più un figlio che un collega.
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Ma vorrei che si aspettasse di vedere provate le accuse con regolari processi e sentenze, naturalmente definitive come prescrive la nostra Costituzione, prima di trarne le conseguenze più o meno politiche. Quali sono quelle che avverto per aria, e letto pure da qualche parte, non solo e non tanto sulla lotta a cacicchi, capibastone e simili, reclamata da Giuseppe Conte per poter riprendere i suoi alterni rapporti col Pd di Elly Schlein, ma sulla opportunità di eliminare i voti di preferenza anche a livello locale.
Una immorale gestione della questione morale sollevata nel 1981 da Berlinguer portò dopo una decina d’anni al referendum contro le preferenze alla Camera, dove ora si arriva nell’ordine in cui i segretari dei partiti mettono in fila davanti a Montecitorio i loro candidati, scrivendone direttamente o facendone scrivere i nomi dai sottoposti nelle liste. Si è visto e si vede con quali risultati, non foss’altro in terminì di affluenza alle urne, se non vogliamo parlare della qualità del personale selezionato dai partiti e non più dagli elettori.
RIFORME INSENSATE
So che a leggermi, se gli capiterà, il mio amico Mariotto Segni, protagonista di quel referendum, resisterà a fatica alla tentazione di darmi un appuntamento al ristorante solo per togliersi la soddisfazione di rovesciarmi addosso le pietanze per protesta. Ma resto convinto della insensatezza di quella riforma, alla quale altre non meno insensate sono seguite, come la riduzione dei parlamentari fine a se stessa, per il gusto delle forbici, non nel contesto di ulteriori innovazioni pur promesse, e rimaste nei cassetti, o finte nel cestino.
Le questioni morali – sia quella già citata del 1981, sia quella gestita nel 1992 e anni successivi dalla Procura di Milano e appendici, sia quella rispolverata nella cosiddetta seconda Repubblica contro Silvio Berlusconi, sia quella in corso fra Bari e Torino, e chissà quali e quante altre città prima che finisca di scrivere questo articolo e di vederlo pubblicato - stanno ormai alla politica italiana come il formaggio ai topi che si vogliono intrappolare.
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ELLY IN TRAPPOLA
Nel nostro caso temo, per lei, che si tratti principalmente di una topa, intesa come femmina del topo: la segretaria del Pd Elly Schlein. Della quale vogliono forse liberarsi sia parecchi amici di partito - si fa per dire, come ai tempi della Dc - insoddisfatti della sua gestione, sia il suo concorrete esterno più diretto. Che è naturalmente Giuseppe Conte, non a caso insorto per primo contro il presunto voto di scambio a Bari e dintorni per complicarle la vita.
Debole di suo, e dichiaratamente, nel cosiddetto territorio, dove ormai un sindaco o presidente di regione può conquistarlo solo imponendo il proprio candidato ad un Pd rassegnato o intimidito, l’avvocato di Volturara Appula pensa forse di potere finalmente attecchire senza l’incomodo del voto di preferenza, in combinazioni fatte tutte a tavolino, in una riproduzione del gioco di Monopoli. Che casualmente è anche il nome di una popolosa cittadina della nostra Puglia.