Puglia, voto di scambio: il "database con 2mila nomi"
Cinquanta euro per un voto. Era questa la tariffa offerta in cambio del voto perla piddina Anita Maurodinoia, detta ”lady preferenze”, e fino a ieri, prima delle dimissioni, potentissima assessora ai Trasporti della giunta regionale pugliese di centro sinistra guidata dal magistrato Michele Emiliano. Secondo la Procura di Bari che ieri mattina ha eseguito una ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 8 persone, il marito della Maurodinoia, Sandro Cataldo, aveva organizzato una associazione a delinquere finalizzata alla compravendita di voti per le elezioni regionali del 2020.
L’uomo, agli arresti domiciliari con l’accusa di corruzione elettorale, era stato l’ideatore della lista “Sud al Centro” e quindi uno dei più importanti artefici del successo politico del Pd barese e regionale. Oltre ad aver pilotato le elezione regionali del 2020, Cataldo avrebbe condizionato anche quelle in due comuni della provincia di Bari, quelle a Grumo Appula a settembre 2020 e quelle a Triggiano ad ottobre del 2021. Il politico, che l’ex consigliere comunale di Bari Armando De Francesco - anch’egli arrestato - chiamava il “padrino”, per raggiungere lo scopo aveva realizzato un database, trovato dagli investigatori, contenente oltre 2mila nominativi.
In carcere è invece finito Nicola Lella, assessore alla Sicurezza e alla Polizia municipale a Grumo Appula. Gli indagati sono oltre 70 e tra loro vi sono numerosi elettori della Maurodinoia. Il bacino elettorale dove “pescare” i voti a pagamento erano soprattutto gli enti di formazione regionale e le università telematiche: chi accettava l’accordo consegnava la copia dei propri documenti d’identità e della scheda elettorale. Poi, nel corso delle operazioni di spoglio, vari gregari, che stazionavano nei pressi delle sezioni elettorali, avevano il compito di verificare se queste persone si fossero effettivamente recate alle urne. Per avere la prova del voto, la scheda doveva riportare un segno di riconoscimento preventivamente concordato.
Oltre al denaro, venivano promessi anche posti di lavoro. Le indagini, condotte dal procuratore aggiunto Alessio Coccioli, prossimo procuratore di Matera, e dai pm Claudio Pinto e Savina Toscani, erano partite dal ritrovamento in un cassonetto per la raccolta dei rifiuti a Bari ad ottobre del 2021 di parti di fotocopie di documenti d’identità, codici fiscali di cittadini triggianesi, e un consistente numero fac-simile di schede e volantini di propaganda elettorale. Nell’ordinanza, circa 400 pagine, il gip Paola Angela De Santis, a proposito di Cataldo, afferma che ha «dimostrato di tenere oltremodo alla ricerca ed all’intrattenimento di contatti, soprattutto con soggetti che ricoprono rilevanti cariche nell’ambito delle amministrazioni comunali, perlopiù facenti capo alla città metropolitana di Bari, della ex Provincia e della Regione Puglia, nonché presso altre amministrazioni pubbliche, anche ambito sanitario, ovvero enti ed Agenzie regionali”. Di fatto una rete di potere quanto mai trasversale.
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Il successo elettorale di “lady preferenze” grazie al sistema ideato dal marito partirebbe da lontano. Nel 2014, alle elezioni comunali di Bari, Maurodinoia risultò la più votata, con circa tremila voti. Alle successive elezioni del 2019, raddoppiò e raccolse oltre 6mila consensi per poi arrivare alle regionali del 2020 a più di 19mila voti. Nel 2022 si candidò invece alla Camera con il Pd, conquistando il primo posto tra i non eletti nel collegio Bari-Molfetta. Gli inquirenti, dunque, non escludono che anche nelle elezioni del 2019 per il sindaco di Bari potrebbero esserci stati dei voti pagati per Maurodinoia. Si tratta della stessa tornata elettorale al centro dell’inchiesta che il 26 febbraio ha portato a 130 arresti per voto di scambio politico-mafioso. Ai domiciliari era finita all’epoca l’ex consigliera comunale Maria Carmen Lorusso, anche lei di “Sud al Centro”.
Gli inquirenti, durante le indagini, hanno recuperato un messaggio audio che dimostrerebbe i piani del sodalizio criminale per pilotare le prossime comunali baresi. L’obiettivo sarebbe stato quello di «individuare, contattare e reclutare il maggior numero possibile di elettori» che sarebbero stati tutti schedati tramite nome, cognome, indirizzo, recapito telefonico e sezione elettorale di riferimento.
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