Per Giuseppe Conte l'antimafia dev'essere cosa sua
Giuseppe Conte non delude mai, e si prepara a regalarci, per la collezione primavera/estate 2024, una delle sue performance più pazzotiche e luccicanti, roba da far impallidire il classico «gratuitamente» ripetuto in loop a proposito del superbonus o le scenette con gli sfaccendati che lo accoglievano nelle piazze meridionali sventolando la tesserina gialla del reddito di cittadinanza e gridando: «È arrivato papà».
Quello era folklore, sia pure costoso: qui siamo oltre, siamo già nella leggenda. Ricapitoliamo. Anche i sassi sanno del gigantesco scandalo che si è verificato nel cuore della Procura nazionale antimafia, con un sottufficiale della Guardia di Finanza incardinato in quella struttura accusato di decine di migliaia di accessi illegali a banche dati riservatissime. Roba tremenda: pesca a strascico, potenziale dossieraggio di massa, hackeraggio istituzionale. In una Repubblica non delle banane, l’allora procuratore antimafia Cafiero De Raho sarebbe naturaliter oggetto di un fuoco di fila di domande, a maggior ragione dopo essere stato direttamente chiamato in causa, quanto meno in termini di sovraordinazione gerarchica, dal magistrato Laudati («Tutti i miei atti erano firmati dal procuratore antimafia»). (...)
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