Pd scatenato contro Guido Paglia: ora si inventano la Rai fascista
Non importa che il Consiglio dei ministri, ieri, abbia deliberato l’approvazione del contratto nazionale di servizio tra il ministero delle Imprese e del Made in Italy e la Rai per il periodo 2023-2028. Né che l’approvazione faccia seguito alla delibera con la quale l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom) ha definito le linee-guida per il medesimo quinquennio. Per il centrosinistra la Rai di oggi ormai è TeleMeloni e qualunque mossa viene vista come un’occupazione del servizio pubblico da parte del centrodestra, specie ora che si parla di rinnovo del Consiglio di amministrazione e i partiti (tutti) sono alla ricerca di posti di peso a viale Mazzini.
Posto che, al netto di colpi di scena, non dovrebbero esserci problemi per Simona Agnes come prossima presidente della Rai e per Giampaolo Rossi nel ruolo di amministratore delegato (anche se un altro nome gradito alla maggioranza è quello dell’attuale “traghettatore” Roberto Sergio), la partita si gioca sulle altre caselle. Di sicuro l’obiettivo è stringere i tempi per il rinnovo del Cda con l’obiettivo di chiudere la partita prima delle elezioni europee di giugno. Oggi sui siti di Camera e Senato sarà pubblicato l’avviso perla selezione dei quattro membri di competenza parlamentare.
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Il Pd di Elly Schlein vuole piazzare l’ex giornalista fedelissimo Sandro Ruotolo in chiave anti-M5S, ma per lui potrebbero anche aprirsi le porte di una candidatura in Europa. Per la sinistra si fa pure il nome della scrittrice Chiara Valerio (sempre che non venga candidata in Europa). In quota M5S confermato l’uscente, Alessandro di Majo. Mentre per la maggioranza si è fatto il nome sia del sottosegretario Gianmarco Mazzi, sia di Mauro Mazza e di Guido Paglia. Inutile dire che la stampa left-oriented è già pronta a sparare contro «l’uomo nero» che Fdi vorrebbe piazzare in Rai. Nel mirino dei compagni c’è Paglia che ha sì un curriculum di destra (ha fondato Avanguardia nazionale), ma è sicuramente un giornalista con una lunga esperienza (è stato al Resto del Carlino, vicedirettore del Giornale, direttore della comunicazione di varie aziende) e, soprattutto, è stato per anni capo delle relazioni esterne e rapporti istituzionali della Rai. Insomma, conosce bene viale Mazzini. Alla sinistra, però, non va giù. Con questi signori, è l’accusa, l’informazione pubblica è a rischio. Pure il Tg3 è in agitazione: un’infuocata assemblea, ieri, ha decretato che «la situazione è allarmante» e la colpa sarebbe dei nuovi programmi e dei nuovi volti, non di sinistra.
Intanto l’Agcom ha stabilito nuove regole per la par condicio. Mentre prima c’era una valutazione complessiva su ogni singola rete, ora ci saranno due osservatori: uno sui tg ed uno sulle trasmissioni di approfondimento, con una valutazione temporale differente in modo tale da venire incontro alle difficoltà dei conduttori che potranno riequilibrare le presenze nelle diverse puntate.
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