Tommaso Foti: "La sinistra gioca sporco. E sul premierato non molliamo"
Onorevole Tommaso Foti, presidente dei deputati di Fratelli d’Italia, dopo la vittoria di Marco Marsilio in Abruzzo, vi accusano di essere arroganti, tracotanti e “portatori di una certa baldanza”. È così?
«Ma quale baldanza! Ricordo che dopo il voto in Sardegna Conte e Schlein hanno preso un aereo per andare a Cagliari a festeggiare un’elezione che non è stata ancora proclamata».
Nutre dei dubbi sul fatto che Alessandra Todde abbia vinto in Sardegna?
«No, ma in quanto ad arroganza osservo che erano ancora da scrutinare delle sezioni e loro sono partiti convinti di avere vinto di 6-7mila voti; invece, solo spogliando le sezioni, siamo arrivati a una differenza di 1.500 voti tra noi e loro. Dopodiché, il tribunale sta verificando i verbali e al di là di quello che uscirà, la proclamazione ufficiale ancora non c’è».
Se non è baldanza, possiamo dire che siete molto soddisfatti per come è andata in Abruzzo?
«Dobbiamo esserlo. È un risultato spettacolare. Il centrodestra ha preso il 54,67 per cento e ha aumentato di 7 punti i consensi rispetto alle politiche del 2022, mentre il centrosinistra è sceso di 7 punti. Poi abbiamo rieletto il governatore, Marco Marsilio, in una regione in cui ogni cinque anni il governatore veniva sostituito, quindi è giusto rivendicare un risultato che alla vigilia qualcuno ha provato a inquinare».
A chi si riferisce?
«Mi riferisco a chi ha inventato di sana pianta un avviso di garanzia a Marsilio e a chi, come la segretaria del Pd Elly Schlein, diceva che dopo la Sardegna il vento era cambiato: qualcuno adesso le dica che il vento è tornato indietro».
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Ha perso il candidato del campo largo, ma il Pd ha preso il 20%. La disfatta è dei Cinquestelle?
«Anche in Sardegna, se si osservano bene i dati, il centrodestra è prevalso come coalizione. E sull’Abruzzo, basta vedere l’analisi dell’istituto Cattaneo: gli elettori M5S, posti di fronte a un’alleanza con il Partito democratico, Renzi e Calenda, hanno preferito non andare a votare o votare noi di Fratelli d’Italia».
Avete conquistato i grillini?
«Non lo dico io, ma gli studiosi di flussi elettorali. E chi a sinistra dà la colpa all’astensionismo mi fa sorridere perché la vulgata ha sempre sostenuto che l’astensionismo penalizzasse il centrodestra. Oltretutto mi pare che tutta la campagna elettorale del centrosinistra in Abruzzo sia stata focalizzata sul battere l’astensionismo, ma visto com’è andata, il fallimento è completo».
Il campo largo è fallito?
«Più che un campo largo è un campo minato. Pensare che dalla somma numerica di partiti così diversi tra loro possa nascere un’offerta credibile per il Paese è un errore marchiano perché ognuno la pensa in un modo diverso dall’altro».
Al centro, invece, festeggiano. Da Fi ai Moderati di Maurizio Lupi. Mai snobbare i centristi?
«Io non li ho mai snobbati. Se guardiamo le Politiche del 2022 Forza Italia con l’11,5 in Abruzzo era già sopra la Lega che si è fermata all’8,4. Quindi, a volte si fanno considerazioni apodittiche senza però tenere conto della storia dei singoli territori. E anche in Basilicata Forza Italia storicamente è andata meglio».
La disfatta abruzzese viene già utilizzata dagli analisti giallorossi per dire che bisogna tornare al proporzionale, cioè ognuno per conto proprio e addio coalizioni. È una mossa per scardinare la riforma del premierato che Giorgia Meloni definisce “la madre di tutte le riforme”?
«Sul premierato andiamo avanti più convinti di prima perché con questa riforma finalmente chi governa verrà deciso dai cittadini e non dai giochi di palazzo».
Sul sistema elettorale?
«In Abruzzo non c’era il voto disgiunto né forme di voto come quelle previste in Sardegna. Ma chi contesta il premierato per l’elezione del governo è chi ha festeggiato e brindato all’elezione della Todde che è sicuramente una forma di premierato regionale perché è l’elezione diretta del governatore. Poi mi faccia dire».
Prego.
«Pirandello ha scritto una bellissima novella: “Uno, nessuno e centomila” che si addice perfettamente al campo largo. È uno quando deve andare a prendersi e spartirsi il potere, è nessuno quando perde perché nessuno ammette mai la sconfitta, e centomila sono le posizioni politiche. Poi suggerirei alla sinistra di andare a leggere la relazione Salvi ai tempi della commissione D’Alema. Studiassero meglio quella storia».
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Nella maggioranza c’è il tema del terzo mandato visto che la Lega ripresenta l’emendamento contestato. Voi siete sempre contrari?
«Se un emendamento viene presentato in Aula è un problema dell’Aula e del Parlamento, se non viene riproposto all’Aula in questa fase, non è un problema del Parlamento. Peraltro se ne sta parlando solo al Senato...».
Parliamo dell’affaire dossieraggio. Perché voi capigruppo di centrodestra avete detto no a una commissione parlamentare d’inchiesta?
«Abbiamo detto che i fatti in questione sono gravissimi, la giustizia deve fare il suo corso e finché non è concluso il lavoro della commissione Antimafia, non è il caso di attivare una commissione parlamentare d’inchiesta che sarà valutata successivamente. Per altro voglio complimentarmi con la presidente dell’Antimafia Chiara Colosimo che si è subito messa a disposizione dei due magistrati, Cantone e Melillo, che avevano chiesto di essere auditi».
Invece l’ex procuratore oggi senatore M5S, Federico Cafiero De Raho, non sarà sentito dall’Antimafia. Perché?
«Non certo per un capriccio, ma perché c’è un regolamento che prevede che chi siede nella commissione medesima non sia sentito. Poi interverrebbe come persona informata sui fatti, quindi in una situazione piuttosto delicata. Poi in politica esiste un tema dell’opportunità unito all’istituto del buon senso, che è sempre la strada maestra».