Abruzzo al voto, una partita decisiva: le ultime mosse (e le ultime indiscrezioni)
Oggi, dopo una campagna elettorale molto “agonistica”, in Abruzzo la palla passa agli elettori. Le urne per le elezioni regionali aprono alle 7 di stamattina e chiudono alle 23, con le operazioni di scrutinio che inizieranno subito dopo. Fotografia dei numeri: saranno 1.208.276 gli aventi diritto al voto che potranno recarsi ai seggi, che sono in totale 1634,13 dei quali allestiti negli ospedali. I comuni interessati sono in totale 305. Gli scranni in palio nel consiglio regionale sono 29, più due, uno dei quali destinato al presidente eletto e l’altro al secondo piazzato tra i candidati presidenti.
Il quadro politico regionale al nastro di partenza elettorale presenta uno schema di perfetto bipolarismo, con solo due candidati alla presidenza. Il centrodestra, che amministra attualmente la Regione, schiera il presidente uscente Marco Marsilio, esponente di Fratelli d’Italia da sempre vicino alla premier Giorgia Meloni. Di genitori abruzzesi, Marsilio ha svolto parte del suo percorso politico nella Capitale, dove è stato consigliere circoscrizionale e tre volte Comunale, per poi sbarcare alla Camera nel 2008. Non rieletto nel 2013, torna in Parlamento al Senato nel 2018, ma rimane una manciata di mesi prima di candidarsi, e vincere, in Abruzzo. A suo sostegno ci sono sei liste, che comprendono i partiti tradizionali del centrodestra più una civica del presidente.
LO SFIDANTE
A sfidarlo sarà Luciano D’Amico, professore di economia aziendale all’Ateneo di Teramo, dove è stato rettore dal 2013 al 2018. Il suo non è, in realtà, un vero e proprio esordio politico. Già nel 2019 aveva tentato la corsa elettorale nella civica a sostegno del candidato di centrosinistra Giovanni Legnini, ma non fu eletto. A condividere la sfida di D’Amico ci sono 6 liste, che formano una sorta di “campo larghissimo”, ben oltre l’alleanza Pd-5 Stelle. Si aggiungono, infatti, Azione e Italia Viva, più una civica che porta il nome del candidato Presidente. Nota tecnica, non è possibile esprimere un voto disgiunto, ossia un candidato consigliere di uno schieramento e il candidato presidente di un altro, pena l’annullamento della scheda. È un passaggio, però, anche molto politico, perché è stato proprio il voto disgiunto, in Sardegna, ad agevolare in modo decisivo la vittoria, avvenuta con pochissimo margine, della candidata Pd-5 Stelle Alessandra Todde, per quanto a livello di liste il centrodestra abbia avuto la maggior quota di consensi.
Già, la Sardegna è stata l’evocazione costante della campagna elettorale abruzzese, per quanto - come noto - alle elezioni regionali a trainare le coscienze e le scelte siano i temi territoriali e i volti dei candidati (si vota con preferenza).
L’accoppiata Pd-Movimento 5 Stelle, dopo la vittoria di misura sull’Isola, ha costruito un racconto fondato sulla chiamata di un “effetto contagio”, nel tentativo di condizionare l’andamento elettorale anche in Abruzzo. A rafforzare questa scelta strategica anche la costruzione di un’alleanza molto larga. Si tratta, però, di uno schema circoscritto alla sola regione, e già lì ha mostrato le sue criticità. I leader o esponenti nazionali di partito, infatti, si sono presentati alle iniziative di D’Amico sempre singolarmente e non c’è mai stato un palco unitario. Segno di quanto, almeno per ora, sia ben difficile tradurre esperimenti applicati alle regioni nella dinamica nazionale.
IL TALISMANO TODDE
A chiusura della campagna elettorale è arrivata anche Alessandra Todde, a conferma del “salto di specie” che la sinistra ha provato ad imprimere alla contesa, tentativo confermato anche dai messaggi più volte reiterati da Elly Schlein e Giuseppe Conte, ovvero che dal risultato in Abruzzo, a due settimane dalla Sardegna, passerebbe la dimostrazione che a livello di gradimento per la Presidente del Consiglio e per il governo il vento è cambiato.
Dal lato del centrodestra, lo schema unitario è risultato del tutto fisiologico. Martedì scorso tutti i leader si sono ritrovati sul palco a Pescara, per supportare Marco Marsilio, specchio di una coalizione compatta a tutti i livelli territoriali. Per il centrodestra, vincere in Abruzzo significa avvicinarsi senza troppi patemi all’inizio della campagna elettorale per le Europee (prima manca un altro appuntamento elettorale in Basilicata) e stroncare quella costruzione mediatica che ha tentato di rendere l’elezione in Abruzzo un mini referendum sul governo.