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Milano, i centri sociali assaltano i leghisti? Sinistri e verdi stanno con i violenti

Massimo Sanvito
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E chi l’avrebbe mai detto che la sinistra, tra forze dell’ordine e violenti dei centri sociali, si sarebbe schierata dalla parte dei secondi, sempre benedetti e coccolati? Le agenzie di scommesse non quotavano nemmeno la giocata. Troppo scontata l’ennesima presa di posizione opposta al buonsenso e, peggio ancora, alla legalità. E così, dopo l’assalto degli antagonisti a polizia e carabinieri (domenica sera invia Padova a Milano) in assetto anti-sommossa per impedire che il presidio antifascista in assenza di fascismo diventasse corteo con l’obiettivo di raggiungere la fiaccolata securitaria della Lega e impedire la presentazione del libro “Mai sottomessi. Cronache di un’Europa islamizzata” dell’europarlamentare Silvia Sardone, ecco la difesa istituzionale.

Di coloro che ricoprono una carica pubblica e scendono pure in piazza al fianco dei “bravi ragazzi” che odiano le divise. Dice Tommaso Gorini, capogruppo dei Verdi in Consiglio comunale a Milano: «Io ero lì ed era una situazione che non sembrava dare adito a nessun allarme. Dopo esserci trovati, ci siamo messi in presidio dove la strada era bloccata dalla Polizia e, a un certo punto, è partita la prima carica e dopo qualche minuto ce n’è stata un’altra. Eravamo in pochi ed era impossibile pensare che volessimo forzare il cordone di agenti: la sensazione è che ormai la risposta siano sempre i manganelli». Come se quello delle forze dell’ordine fosse un attacco e non una risposta: dovrebbe infatti spiegare, Gorini, perché i militanti abbiano raggiunto la linea tracciata dagli agenti con bastoni di legno in mano anziché proseguire con il sit-in statico. Un comportamento a dir poco strano da parte di chi millanta di voler solo manifestare...

 

 


Insieme all’esponente green c’erano anche Carlo Monguzzi (anche lui dei consigliere comunale dei Verdi) e Onorio Rosati (consigliere regionale in quota Alleanza Verdie Sinistra). Il primo, addirittura, parla di «vittoria della tolleranza, della coesistenza e del rispetto» e oltre a fantasticare («siamo stati applauditi dalle persone ai balconi e dai commercianti») usa persino Mattarella- «il minuto che c’è stato poi di manganelli è sempre da evitare, come ci ha ben spiegato il presidente» - per far passare da vittima l’accozzaglia antirazzista.
Il secondo, invece, punta dritto verso il governo: «L’uso della forza sui manifestanti non era giustificato dalle circostanze e risponde al clima che c’è nel Paese». Anche Rifondazione Comunista (esistono ancora?) dice la sua: «I leghisti hanno fatto tutta la strada che volevano. A noi è stato invece impedito poter camminare per via Padova. A suon di manganelli, si intende. Così vanno le cose nel paese di Meloni e Salvini».

Qualcuno spieghi loro che i cittadini al fianco della Lega non hanno usato le aste delle bandiere a mo’ di bastoni contro i poliziotti. Ieri, in Consiglio comunale a Milano, la pattuglia della Lega - i consiglieri Silvia Sardone, Alessandro verri e Samuele Piscina - ha raggiunto il centro dell’aula con un bavaglio bianco sulla bocca e due fiaccole in mano accese per protestare contro le violenze di domenica sera e dire «basta ai soprusi dei centri sociali e alle connivenze della sinistra: è questa la Milano democratica di Beppe Sala». Sul tema si fa sentire anche Nicola Molteni, sottosegretario al Ministero dell’Interno: «I soliti professionisti dell’odio verso la polizia e dello scontro sociale, si manifestano per quello che sono: nemici della libertà e del diritto, allergici a regole e legalità». Anche i sindacati di polizia suonano l’allarme. Domenico Pianese, segretario generale del Coisp, non nasconde la preoccupazione che serpeggia tra i reparti: «Gli ultimi episodi hanno una matrice comune: quella dell’odio verso le forze dell’ordine e della volontà di ricercare a tutti i costi lo scontro. Tutto ciò è avvenuto perché una certa parte politica ha deliberatamente deciso di minare la credibilità della polizia e di umiliare i poliziotti. Ormai nel nostro Paese si sta facendo strada il concetto che è possibile aggredire le donne e gli uomini in divisa senza commettere reato».

 

 

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