Il manuale per candidati l'hanno scritto i romani: ecco perché
Altro che influencer e spin doctor, altro che comitati elettorali e creativi con i giochi di prestigio dei gadget, altro che slogan, social e idee meravigliose in testa come un qualsiasi Cesare Ragazzi alle prese con la caduta dei capelli. Da oltre duemila anni esiste la ricetta perfetta per trasformare la candidatura in vittoria, con tutti i consigli utili a solleticare, ottenere o strappare il consenso nell’urna. Tutto messo nero su bianco, in un libercolo attribuito a Quinto Tullio Cicerone (102 a.C. – 43 a.C.), fratello del ben più noto Marco, il Commentolarium petitionis tradotto in un più neutro «Manualetto di campagna elettorale».
Il verbo petere, da cui il termine italiano petizione, significa infatti «chiedere per ottenere», non solo chiedere. Quinto dimostra tutta la sua grandezza di eminenza grigia, anticipando di una manciata di secoli persino Machiavelli e i machiavellismi sulla conquista e la conservazione del potere. In 14 capitoli e 58 paragrafi fissai punti fermi della creazione del successo elettorale, rispondendo così al desiderio del fratello di diventare console. Il risultato, se davvero lo si deve a Quinto, è uno straordinario e lucido programma per assicurarsi il consensus omnium bonorum fornendo «uno sguardo d’insieme» e «un’organica sistemazione delle idee» di Marco, che a suo dire «apparivano sparse e confuse».
NON SBILANCIARSI TROPPO
Il metodo è scientifico ed elegantemente amorale. L’elettorato va indirizzato e solleticato nei suoi istinti, deve sentirsi dire quel che vuol sentire, per cui occorre promettere senza sbilanciarsi troppo, mostrarsi potente ma disponibile, farsi ammirare, fare leva sulle debolezze vere e presunte degli avversari, frequentare le persone che contano, recarsi di persona ovunque occorra, avere una posizione politica non rigida tale cioè da espandersi verso le zone meno chiare e più indefinite del dubbio. Nel caso specifico Quinto raccomanda a Marco di denigrare gli avversari Gaio Antonio Ibrido e Lucio Sergio Catilina, facendone conoscere i vizi e le ombre caratteriali e di comportamento. Quanto a Roma, centro di ogni potere, è necessario lasciarsi scivolare passioni e acrimonie e agire con molto pelo sullo stomaco in ogni direzione. La casa va tenuta aperta a tutti, soprattutto ai giovani e non solo ai maggiorenti delle classi dominanti, tutti vanno conosciuti di persona: «Frequentali, blandiscili e prometti, prometti senza tanti scrupoli ma senza assumere impegni precisi, tenendoti sulle generali».
Il sostegno dei magistrati (non in senso moderno) va cercato costi quel che costi ma non si deve dimenticare l’apporto dei clientes (gli odierni galoppini). Nella caccia al voto l’eloquenza ha un ruolo non indifferente, poiché occorre parlare con preparazione, come se da essa derivi il giudizio complessivo sull’ingegno del candidato. Quindi, si deve sempre tenere «a portata di mano tutti i trucchi del mestiere, ricordando o facendo capire (...) a coloro che ti devono riconoscenza, che non avranno un’altra occasione per comprovartela», e a quanti la desiderano, che non ce ne sarà un’altra.
DUE REQUISITI
Aspirare a una carica importante richiede due requisiti: la benevolenza degli amici e il favore popolare. «Bisogna che la propensione degli amici sia originata da benemerenze, sentimenti di stima, antichità di rapporti, affabilità e amabilità di carattere. (...) Chiunque mostri nei tuoi confronti una qualche forma di simpatia, ti renda omaggio o ti venga a trovare a casa, va considerato amico», senza naturalmente sminuire amicizie consolidate derivanti da vincoli di parentela, di affinità odi frequentazioni sociali e di ruolo. D’altronde, precisa Quinto a Marco, sono tre le origini della benevolenza degli uomini dal punto di vista elettorale: i benefici, la speranza e la simpatia. E su questi elementi occorre lavorare, perché gli uomini possono essere conquistati anche da benefici di scarso valore, ma l’opera di convincimento deve portare a far pensare che chi chiede il voto un domani si sentirà obbligato anche verso chi fino a quel momento era obbligato nei confronti del candidato.
Quanto alla simpatia spontanea, va rafforzata attraverso i discorsi che devono manifestare sentimenti che lascino pensare a un’amicizia contraccambiata e duratura. «Non c’è niente di più stupido di pensare che un uomo che non si conosce possa essere devoto», ecco perché si deve battere il territorio, per stabilire un rapporto diretto. I giovani, in questo disegno, possono mettere in campo il dinamismo e l’entusiasmo nel procurare voti, veicolare le notizie, fare propaganda, con l’orgoglio di accompagnare il candidato e farsi vedere al suo fianco, per luce riflessa. Fidarsi è bene ma non fidarsi è meglio, e pertanto le notizie riportate vanno accuratamente vagliate, come già ammoniva Epicarmo. Vanno conosciute le caratteristiche e le ragioni di calunniatori e avversari e applicarsi a correggere le distorsioni di chi è stato danneggiato, chi non ti è amico ma non ha motivi per esserlo, e chi infine è amico stretto degli avversari e perché.
BLANDIRE LE ASPETTATIVE
Quanto al favore popolare, va manifestata la disponibilità sotto ogni forma, blandendo le aspettative: «Gli uomini infatti non desiderano solamente che vengano fatte promesse (...) ma che siano generose e onorevoli». Ed ecco come: dimostrare di voler fare le cose con zelo e volentieri, rifiutando ciò che non può essere fatto, ma con affabilità e apparendo come uomo buono e onesto, oppure non rifiutando affatto e mostrarsi così di essere un buon candidato. Per agire sull’opinione pubblica si deve svolgere una campagna elettorale brillante, grandiosa e popolare, ma che sia all’insegna del decoro per non prestare il fianco agli attacchi degli avversari su comportamento, ostentazione del lusso o sperpero. Quinto esorta il fratello ad apportare correttivi a seconda del suo giudizio, perché il Commentolarium va adeguato al carattere del candidato ed è ispirato dal principio che vuole essere «un manualetto di campagna elettorale sotto ogni punto di vista esemplare». Grazie anche ai consigli in esso contenuti Cicerone venne eletto console della Repubblica romana nel 63 a.C. Non sono cambiati sostanzialmente i metodi, ma soprattutto non sono cambiati gli elettori, né di testa né di pancia. E neppure i candidati, persino quelli che del Commentolarium ignorano persi© RIPRODUZIONE RISERVATA no l’esistenza.