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Meloni candidata? Lollobrigida: "Legittimo verificare il consenso"
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Francesco Lollobrigida vede bene il dialogo tra Giorgia Meloni ed Elly Schlein. "È positivo che il confronto avvenga tra due donne leader dei rispettivi schieramenti, è un segno di modernizzazione del Paese, prevale l'interesse nazionale a quello di parte", dice il ministro dell'Agricoltura in una intervista a La Stampa. Un modello che "spero", prosegue Lollobrigida, si possa replicare anche su altri temi.
Rispetto alle elezioni europee, chiarisce il ministro, lui non si candiderà: "Sono un militante disciplinato, faccio quello che mi dice il partito. Ma abbiamo liste competitive e non serve il mio umile contributo". Mentre sulla eventuale candidatura di Giorgia Meloni, osserva Lollobrigida, "credo sia legittimo cercare di verificare nelle urne il consenso degli elettori". E precisa: "Escludo che Giorgia sottragga tempo per la campagna elettorale. Certo, se uno si mette a girare tutti i paesi del collegio allora sì, ma nel suo caso candidarsi significa metterci la faccia".
E lo stesso vale per la segretaria del Partito democratico Elly Schlein. "Sarebbe una bella sfida. Rappresentano due famiglie politiche in competizione: i socialisti che guardano a sinistra e i conservatori che si avvicinano ai popolari", sottolinea Lollobrigida.
Sulla "competizione" interna all'alleanza di centrodestra, soprattutto tra Lega e Fratelli d'Italia, il ministro evidenzia che "si vota con il proporzionale, è normale che ognuno voglia distinguersi". Ma questo non deve mettere a rischio il governo: "È noto che l'elettore del centrodestra vuole l'unità e punisce chi lavora per dividere. È già successo in passato", con "gli attacchi di Gianfranco Fini a Silvio Berlusconi" che "gli sono costati la leadership della destra italiana".
Infine sul terzo mandato, fortemente voluto dalla Lega, Lollobrigida taglia corto: "Dico che si rischia di fare un favore al Pd, o a una parte del Pd, visto che in gioco ci sono importanti regioni governate dal centrosinistra. La regola dei due mandati ha una logica: evitare che si creino blocchi di potere per più di dieci anni, che possono provocare, peraltro, la disaffezione degli elettori". E in ogni caso, "la lealtà degli alleati non è in discussione", conclude.
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