Pd, Smeriglio smonta Schlein: "Non è all'altezza"
«Se passo con Avs? Guardi, sono appena uscito dal Partito democratico, adesso prendo fiato, spiego le ragioni politiche e valoriali della mia decisione e la difficoltà di farle vivere in quel contesto e poi vediamo: non è che torno a casa, continuerò a fare le mie battaglie». Massimiliano Smeriglio, 57 anni, romano, europarlamentare eletto nel gruppo dei socialisti europei da indipendente, non svela quale sarà il suo approdo futuro dopo l’abbandono alla delegazione dem a Bruxelles. Ma quel «non è che torno a casa» consegnato a Libero fa intendere la volontà di proseguire l’avventura a Bruxelles dove era coordinatore di S&D in commissione Cultura sebbene poco considerato dal Nazareno e spesso in dissenso su questioni cruciali con il gruppo dirigente. L’ex vicepresidente della Regione Lazio, pacifista e ambientalista, ha votato contro l’invio delle armi all’Ucraina, contro la risoluzione che considera la Russia un paese terrorista e contro un discusso testo sul cessate il fuoco in Medio Oriente.
La sua ricandidatura con i dem era a rischio, nonostante il legame con gli ex Ds Nicola Zingaretti e Goffredo Bettini. Il suo addio fa rumore, ma forse era nell’aria visto che di recente Smeriglio aveva lanciato un alert alla segretaria Elly Schlein: «Se non cambia la linea sulla guerra», aveva dichiarato all’Unità, «le sue parole restano solo una suggestione».
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Ieri al Manifesto l’ex vicepresidente del Lazio ha confermato che le distanze con la segretaria erano diventate incolmabili. Inoltre, c’era quel progetto, mai nascosto, di creare uno spazio «per una sinistra a sinistra del Pd», sul modello spagnolo. Un’assemblea nei prossimi giorni a Roma spiegherà meglio se il progetto (lista) esiste e chi si accoderà. Intanto, però, Smeriglio se ne va perché «manca una visione, questo Pd non è più credibile. C’è perfino ostilità verso chi prova a manifestare le proprie idee. Il centrodestra è lontanissimo dame», assicura l’eurodeputato, «ma il governo Meloni governerà fino al 2027 perché l’opposizione anziché occuparsi di lavoro e sociale, attacca i raduni di Acca Larentia, da cui invece dovremmo imparare».
Smeriglio, lei che arriva da Rifondazione comunista, è stato fondatore di Sinistra Ecologia e Libertà ed è indubitabilmente antifascista, dichiara che l’opposizione al governo Meloni deve imparare dai raduni ad Acca Larentia. Ho capito bene?
«Sì. Io sono antifascista, la mia famiglia sa bene cosa significa avere perso un proprio caro alle Fosse Ardeatine e per questo per me il fascismo è una cosa molto seria. Oggi siamo di fronte a una narrazione della destra di governo che è mondiale, non governa solo in Italia ma anche in altri Paesi non solo europei, e confondere i 500 fascisti che ad Acca Larentia fanno il saluto romano con il governo di centrodestra in carica, secondo me è proprio sbagliato, non ci porta da nessuna parte.Utilizzare a fini elettorali l’antifascismo lo rimpicciolisce, non lo fa aumentare di potenza».
Tradotto: servono altri argomenti al centrosinistra per vincere?
«Sì, la nostra ambizione dovrebbe essere più alta e io non farò mai polemica sul fatto che c’è chi commemora i propri martiri. Cosa che, peraltro, dovremmo fare anche noi invece di dimenticarcene».
Diceva: andando avanti così il governo di Giorgia Meloni durerà fino al 2027.
«Confermo. La destra che governa va presa sul serio, non è una macchietta, non è una barzelletta e io, pur combattendola perché è guerrafondaia, razzista, misogina, patriarcale e negazionista sul clima, le riconosco un’idea organica. Che a noi manca».
Il suo è un atto d’accusa alla sinistra.
«Ho varie ragioni per parlare così e non ho mai nascosto il mio disagio. Ho cercato un dialogo che però è mancato».
Da tempo sostiene un posizionamento diverso dal Pd che, oltretutto, non è neanche il suo partito d’origine.
«Al Partito democratico sono arrivato da indipendente, con il movimento che coordinavo quando Nicola Zingaretti è diventato segretario, Piazza Grande. Fu un momento molto promettente, arrivarono personalità anche esterne ai democratici: io stesso, Giuliano Pisapia, Pietro Bartolo, e insieme riuscimmo a spostare l’asse a sinistra, fino alla vittoria. Zingaretti poi lasciò il Nazareno con quel discorso durissimo sui cacicchi, io sono rimasto ancora da indipendente, ma la mia esperienza nel Pd si è conclusa lì».
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Ma lei se ne va perché teme di non essere ricandidato alle Europee?
«Io me ne vado per motivi, diciamo così, ambientali perché considero l’attuale gestione non all’altezza di un partito plurale quale è da sempre il Partito democratico. Chi ha posizioni diverse dal vertice, più a destra o più a sinistra non importa, spesso viene ostracizzato, c’è ostilità. Poi per me conta la politica, il posizionamento. Ci sono questioni che considero dirimenti: autonomia strategica europea, guerra e pace, il massacro di Gaza, le questioni ecologiche. Non ho trovato ascolto».
Secondo lei, la segretaria è troppo ambigua su questi temi?
«Non sono soltanto io a dirlo. La sinistra dovrebbe avere una narrazione diversa rispetto alla destra su ciò che accade ne mondo, invece spesso mi sono trovato da solo a portare avanti queste idee sulle quali pensavo di trovare convergenza. Da solo o con pochi altri. Anche sul garantismo bisogna fare un mea culpa».
È garantista?
«Sono un super garantista. E avere visto buttare fuori, a mezzo stampa, una persona come il mio collega Andrea Cozzolino (coinvolto nel Qatargate, ndr) mai indagato e non avere cercato di capire cosa stava accadendo prima di agire, lo reputo un errore. La sinistra ha piegato la testa e ad oggi non è venuto fuori nulla se non le responsabilità dei quattro ladri di polli iniziali e non solo: il pm che indagava oggi è candidato. A noi dovrebbe ricordare qualcosa, no? Anche per questo ho tratto le mie conseguenze».
Altri la seguiranno?
«Non lo so. Ricevo tanti messaggi, la cifra di tutti è “lo capisco”».
Schlein per lei si candiderà in Europa?
«Non lo so, ma fare l’acchiappavoti senza poi andare a Bruxelles non è serio».
Il campo largo è finito?
«Campo largo? È un campo da arare. Bisogna spazzare via tutto per ricostruire da principio un’opposizione credibile».