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Repubblica, grottesco attacco a Meloni: "Fascismo, i suoi non la seguono"

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Spesso e volentieri le ossessioni sfociano nel ridicolo. Ed è quanto accaduto a Repubblica, il quotidiano da sempre impegnato a dipingere Giorgia Meloni come un pericolo per la democrazia e una nostalgica del fascismo. Peccato che ieri, sabato 27 gennaio, fosse il Giorno della Memoria. E peccato che Meloni abbia speso parole chiarissime, ammesso e non concesso che servissero.

“L’antisemitismo è una piaga da estirpare. E noi dobbiamo lavorare per combatterla in tutte le sue declinazioni", ha premesso il premier. Dunque ha aggiunto che "è nostro dovere coltivare ogni giorno la memoria di ciò che è accaduto e accrescerne, sempre di più, la consapevolezza nelle giovani generazioni. È un impegno che questo governo sta portando avanti con grande costanza e determinazione. Penso, ad esempio, ad uno dei provvedimenti di cui andiamo più orgogliosi: la legge che istituisce il Museo della Shoah". 

E ancora: "A Roma è presente la più antica comunità ebraica d’Europa e la città eterna non poteva non accogliere un’istituzione museale specificatamente dedicata alla storia della Shoah, al pari dei musei presenti in altre grandi capitali europee e dello Yad Vashem di Gerusalemme. È un’istituzione che si occuperà di tramandare la memoria della Shoah e che siamo certi darà un contributo determinante affinché la malvagità del disegno criminale nazifascista e la vergogna delle leggi razziali del 1938 non cadano nell’oblio", ha concluso Meloni. Parole chiarissime, insomma. Ma a Repubblica non basta.

 

 

Infatti sul quotidiano di oggi, domenica 28 gennaio, ecco che a pagina 6 appare un titolo grottesco: "Vergogna nazifascista. Meloni fa un passetto ma i suoi non la seguono". Già, ora non bastano le sue parole, quelle che Repubblica chiede con cadenza quotidiana. Surreale anche il catenaccio: "Nel Giorno della Memoria, all'indomani del richiamo di Mattarella, la premier condanna la malvagità delle leggi razziali". Sembra quasi, insomma, che le parole del presidente del Consiglio siano dovute soltanto all'intervento di Sergio Mattarella. E ancora, il catenaccio conclude: "La parola fascismo non compare nelle parole dei dirigenti FdI". L'ossessione, appunto, che sfocia nel ridicolo.

 

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