Elly Schlein, retroscena-Pd: mezzo partito si organizza per farla fuori
Glielo stanno sconsigliando tutti (o quasi). Il primo è stato Stefano Bonaccini, che è anche il presidente del Pd. Poi Romano Prodi, da tutti riconosciuto come padre nobile. Negli ultimi giorni stanno levandosi, contro questa ipotesi, le donne del Pd, perché se la segretaria si candidasse capolista ovunque, visto che nelle preferenze c’è l’obbligo dell’alternanza di genere, finirebbe per togliere spazio all’elezione di donne. Ieri, a Rai Radio1, ospite di Un Giorno da Pecora, ne ha parlato Alessandra Moretti, europarlamentare uscente, criticando la candidatura di Schlein con due argomenti.
Primo: «Conte, e non solo lui, per tutta la campagna elettorale ci dirà “voi vi candidate ma poi a Strasburgo non andrete”». Secondo: «La candidatura della segretaria potrebbe ostacolare l’elezione di donne, perché con il voto a preferenza ed alternanza di genere l’elettore voterebbe Schlein come donna e subito dopo un uomo. Bisogna capire come valorizzare le donne delle liste».
SCELTA PENALIZZANTE
Persino Laura Boldrini, una delle prime sostenitrici di Elly, ha sollevato il tema, sia pure dicendosi certa che l’eventualità è remota: «Io sono sicura che la segretaria non farà scelte che penalizzano le donne che appunto anche in queste elezioni vanno valorizzate». Sarebbe un effetto paradossale per la donna che, nel Pd, ha sfondato il tetto di cristallo. Infine, ieri, si è aggiunto Michele Emiliano, governatore della Puglia, con un argomento che suona come un avvertimento: «Schlein candidata si giocherebbe tutta la sua segretaria che è appena iniziata. E non sta scritto da nessuna parte che lo debba fare». Come dire: se ti va male, perdi tutto.
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Oltre alla valanga dei «ti prego, Elly, non farlo», si è fatta avanti, però, una terza via, che potrebbe salvare capra e cavoli. L’ha spiegata, in una intervista al Corriere della Sera, Walter Verini: tra il candidarsi per finta e il non candidarsi, perché non candidarsi «davvero»? Cioè candidarsi al Parlamento Europeo e, se eletta, optare per il seggio di Bruxelles, rinunciando a quello italiano. «Sarebbe un segno di forza se la leader del Pd decidesse di candidarsi per stare in Europa, per combattere la battaglia lì, fare la parlamentare europea e contribuire a dare all’Europa quella nuova fase di consolidamento». Del resto, «la posta è molto alta: il futuro dell’Europa in un mondo che sta esplodendo». I precedenti, si ricordava ieri in Transatlantico, ci sono: Enrico Berlinguer, Achille Occhetto, Walter Veltroni. Tutti e tre sono stati eletti al Parlamento Europeo. E potrebbe rimanere segretario, perché no. «Non ci sarebbe nulla di innaturale», osserva Roberto Morassut con Libero. «La questione europea è centrale, potrebbe tranquillamente continuare a fare la segretaria del partito ed essere parlamentare in Europa». Certo, non sarebbe nel Parlamento italiano. Ma non sarebbe il primo segreta rio. Non lo sono stati, all’inizio, né Matteo Renzi, né Nicola Zingaretti.
Elly Schlein ha un grosso problema che può far saltare tutto il Pd
BELLA CIAO
I maligni dicono che, in questo modo, si otterrebbero due risultati: non si ingannano gli elettori e la segretaria se ne va lontana. Così i maggiorenti, co me i topi del noto detto, potranno ballare più liberamente. Forse intuendo il cattivo pensiero di alcuni, Schlein si sta convincendo, invece, a candidarsi. «Proprio perché tutti le stanno dicendo di non farlo», spiega una fonte del Nazareno, «Elly sta pensando di candidarsi. Perché sarebbe un atto di grande leadership, proverebbe che nessuno può condizionarla. Ancora una volta potrebbe dire: non mi hanno visto arrivare». Oltretutto rafforzerebbe il suo ruolo di anti-Meloni. Un guanto di sfida che, però, avrebbe un’altra faccia della medaglia: «Se lo fa, si gioca tutto. In poker si chiamerebbe “all in”. A quel punto deve stravincere, se no è finita». Il confronto con i voti presi da Meloni sarà spietato. Così come rispetto ai precedenti risultati ottenuti dal Pd. Il 40% di Matteo Renzi è pressoché irraggiungibile, il paragone resta Zingaretti, che prese il 22,7%. «Se si candida contro tutti, l’asticella si alza. Dovrebbe ottenere almeno il 25%. Se ce la fa, può star tranquilla. Se no, saranno guai. Magari andrebbe avanti, ma azzoppata». Il dilemma di Elly è tutto qui. Al momento, essendo una combattente, è più per il sì.
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