Giuliano Amato, il dottore è Sottile? La sua pensione meno
Le pensioni di Giuliano Amato sono leggenda, e un nuovo capitolo della leggenda è stato scritto il 19 settembre del 2022. Da quel giorno l’ex collaboratore di Bettino Craxi, appena uscito dal palazzo della Consulta, ha iniziato ad incassare un nuovo assegno, quello che gli spetta in quanto ex giudice della Corte Costituzionale, nella quale ha trascorso, come prevede il mandato, nove anni. Nel suo caso, sette anni da giudice “semplice”, un anno e quattro mesi da vicepresidente, i restanti otto mesi da presidente. Il risultato, al termine dell’incarico, è un ulteriore trattamento previdenziale, pari a circa 80mila euro l’anno, lordi. Ossia a 6.670 euro al mese, per tredici mensilità. Applicando l’aliquota massima del 43% e le addizionali regionali e comunali, equivale ad un netto mensile di circa 3.535 euro. E questo solo per nove anni di apprezzatissimo lavoro.
Certo, durante quei nove anni Amato e il suo datore pubblico hanno versato fior di contributi. Spicciolo più, spicciolo meno, circa 1.290.000 euro. Di questi, 910.000 euro sono stati a carico della Corte, e i rimanenti 380.000 euro sono stati prelevati dalla busta paga del diretto interessato, congrua quanto basta da reggere l’urto (la retribuzione mensile netta di un giudice costituzionale è di 13.030 euro, per tredici mensilità, cui si aggiunge un’indennità di 3.157 euro qualora il giudice, come è successo ad Amato, diventi presidente).
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L’USO DELLA STANZA
Nessun benefit, a parte il diritto all’uso della stanza concesso a tutti gli “emeriti”, risulta ricevere Amato al termine del suo mandato. Persino lì, nel palazzone della Consulta, le cose non sono più come un tempo, quando gli “ex” avevano diritto all’auto blu a vita. Dal 2011 quel periodo è stato ridotto ad un anno, ma Amato non risulta averne usufruito. La pensione che riceve in quanto ex giudice delle leggi è solo uno dei bonifici mensili che arrivano sui conti di Amato alla voce “Previdenza”. Poco prima di assumere quell’incarico, nella primavera del 2013, quando era ancora presidente della Scuola superiore Sant’Anna di Pisa, l’allora 75enne polemizzò con un altro costituzionalista, Stefano Rodotà, il quale aveva biasimato il fatto che lui prendesse 31mila euro di pensioni (plurale).
L’ex presidente del consiglio replicò che la pensione che incassava ammontava a 22mila euro lordi, che al netto diventavano 11.500 euro. E aggiunse che la parte restante, il vitalizio dovutogli per le legislature trascorse in parlamento, pari a circa 9mila euro lordi, lo devolveva regolarmente ad una comunità di assistenza. «Non sono un cumulatore di prebende», spiegò, «ma l’unico ex parlamentare italiano che ha rinunciato al vitalizio». Non si tratta di rinuncia vera e propria, in realtà. Alla Camera, dove è stato eletto per quattro legislature (una quinta l’ha trascorsa nei banchi del Senato), non risultano infatti casi di rinunce al vitalizio da parte di nessun ex deputato. La cosa, peraltro, sarebbe anche difficile da mettere in pratica, se non impossibile. La frase del dottor Sottile va intesa, dunque, nel senso che lui gira automaticamente quei soldi ad opere di beneficenza: il che fa di lui un esempio lodevole, anche se non è l’unico ad aver fatto una simile scelta. In ogni caso, adesso arrivano anche i 6.670 euro da ex giudice costituzionale, portando il totale lordo (escluso il vitalizio da ex parlamentare) sopra ai 28.000 euro.
Non esiste, infatti, alcun divieto di cumulo: la pensione da ex giudice può sommarsi al vitalizio e agli altri assegni previdenziali (a differenza della retribuzione dei giudici costituzionali, che dal 2014 non è cumulabile con alcun trattamento pensionistico a carico dello Stato). Potrà usare quei soldi per finanziare altre opere caritatevoli, e sarebbe bellissimo, o nel modo che riterrà migliore. Non è strano, insomma, che nella contabilità della Corte Costituzionale la voce «Trattamenti previdenziali» rappresenti un’emorragia continua. Nel bilancio di previsione per il 2022, l’ultimo pubblicato, risultano a carico 21 ex giudici e 14 loro superstiti, e le spese per questi assegni saranno coperte solo in parte dalle ritenute.
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COSTI SULLA COMUNITÀ
Motivo per cui, per il solo «Riequilibrio del Fondo trattamento previdenziale dei giudici costituzionali in quiescenza», è stata messa in conto una spesa di 4.245.000 euro. Si spiega anche così l’aumento del costo complessivo della Consulta sostenuto dalla collettività: nel 2022 il «Contributo dello Stato per il funzionamento della Corte» è ammontato a 58,5 milioni di euro; nel 2013 era stato di 52,7 milioni. Commentando il suo trattamento previdenziale, sempre nella primavera del 2013, Amato disse che «il problema italiano non è che esistono pensioni di 11mila euro, ma che ci sono ragazzi, giovani e adulti, che a prescindere dal loro merito finiscono per essere schiacciati ai livelli più bassi». È un buon argomento, che però non dice tutto. Un altro argomento è: ha senso, è giusto pagare un’ulteriore pensione, per un mestiere iniziato a 75 anni, a chi è già pensionato e prende simili cifre?
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