Giorgia Meloni, il nuovo record: parla per oltre 3 ore di fila
Una conferenza stampa fiume. La più lunga di sempre, cronometro alla mano. Tre ore e due minuti di orologio con la premier di ritorno dal Natale in malattia che la butta sulla resistenza e vince di fronte alla platea dei cronisti assiepati nella sala stampa di Montecitorio. Tanto curiosi di fare domande, se ne conteranno ben 42 alla fine, quanto esausti al termine di una maratona che non ha permesso ristoro, nemmeno una pausa caffè. Già, perché una semplice sigaretta corsara, tempo di uscire e rientrare, nel corso dei 182 minuti, avrebbe rischiato di mandare in fumo un’intera mattinata di racconto. Narrazione per domande mirate in faccia, occhi negli occhi. Con la possibilità tanto attesa e affatto disattesa dalla premier di lasciar cogliere a taccuini e obiettivi ogni sospiro, sguardo, certezza o turbamento nel resoconto per risposte dell’impetuoso percorso che dall’anno vecchio, passato da pochi giorni ci ha condotti a quello nuovo, aperto su una stagione di grandi cambiamenti su ogni fronte: interno, estero, europeo soprattutto col pensiero di molti già rivolto a giugno quando tutte le compagini, di maggioranza e minoranza, gareggeranno per sé e ognuno vorrà vincere. Prima del gran premio della montagna, direzione Strasburgo, però, c’è la corsa a cronometro. E alcuni tra i competitor, premier un tempo a loro volta, sono quelli che hanno attaccato di più.
Dal Conte, leader M5S che da primo ministro ha mantenuto più coerenza nel minutaggio delle sue conferenze di fine anno, sempre appena meno di tre ore, che nella collocazione politica. L’avvocato del popolo, infatti, è passato dalle 2 ore e 55 minuti del 2018 pentaleghista alle 2 ore e 49 del 2020 pentapiddino e con un’Italia tristemente in mascherina. Mentre Renzi, oggi leader di Italia Viva, un pezzo di quello che appena un anno fa doveva essere il Terzo Polo, da premier, come tempistica, si attestava decisamente al centro: 2 ore e 20 di riassunto.
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Più vicino certamente alle 2 ore appena del recente ultimo Draghi che alle tre ore meloniane. Il cronometro, tuttavia, che è stato spesso misuratore, proprio negli appuntamenti di fine anno, di rituali più stanchi che esaustivi, in questa conferenza stampa-after hour di Giorgia Meloni, è stato testimone di qualcosa di inedito. Come l’attesa maggiore. Che è stata non per le domande sui dodici mesi trascorsi ma sugli inspiegabili e poco onorevoli spari di una pistola non rimasta nella fondina la notte di San Silvestro. Conferenza stampa, dunque, anche sui botti (non convenzionali) di Capodanno. Un principio di imbarazzo per la maggioranza di governo, proprio sul fronte del partito del premier. Che tuttavia nemmeno a queste inevitabili domande si è voluta sottrarre. Anzi. Meloni si è mostrata senza paura di affrontare le risposte, tutte, a differenza di quanto le opposizioni e la stampa di sinistra sghignazzavano da giorni. Arrivando a richiamare persino i suoi alla responsabilità. Che non dovrebbe conoscere limiti di tempo e di spazio. Per cui, bando alle polemiche, Meloni c’è. E continua a rispondere. Anche a chi la vorrebbe faccia a faccia in tv con la Schlein. Magari sugli schermi di RaiNews24. Gli unici che hanno continuato a trasmettere la diretta, pur rinunciando per carità di colleghi, alla loro domanda (che doveva essere la 23esima). Anche questo è servizio pubblico.