Mes, il titolo di Repubblica: come si fanno ridere dietro
L’82% degli italiani ignora cosa sia il fondo salva-Stati. Eppure il 52% di loro desiderava la ratifica della sua riforma ed ora è deluso per il voto del parlamento. Basta l’incongruenza di questi due numeri per spiegare cosa sia davvero il sondaggio al quale Repubblica ha dato tanto rilievo sulla prima pagina di ieri: un esercizio di satira inconsapevole ai danni della testata su cui è pubblicato. Buono da conservare e rileggere quando uno è un po’ giù, ora che la grande tradizione dello scherno progressista (Il Male, Tango, Cuore...) è scomparsa, essendosi sciolta anni fa nell’acido dell’antiberlusconismo.
Certo, il compito era difficile. Bisognava dimostrare che il voto con cui giovedì la Camera ha affossato il testo della nuova versione del fondo salva-Stati ha danneggiato l’Italia, come ripetono Repubblica e il resto della sinistra. E questo nonostante l’assenza di reazioni dalle altre capitali e sui mercati: lo spread dei titoli di Stato è persino sceso un po’, la Borsa ha guadagnato qualche decimale, anche stavolta l’Apocalisse finanziaria è stata rimandata alla prossima occasione.
Mes, il valore politico del "no" alla riforma e il coraggio della maggioranza
Non resta che il sondaggio, allora. Il lavoraccio tocca ad Antonio Noto, dell’omonimo istituto. Che è pure uno bravo, capace di analisi egregie quando ha il materiale giusto, e dunque non in quest’occasione. Illustrando i risultati della sua rilevazione sul quotidiano degli Elkann, scrive che «la maggioranza, il 52%, sarebbe stata favorevole alla ratifica e solo poco più del 20% contrario». Che è ciò che serve a Repubblica per poter fare il titolo che vuole: «Il 52% degli elettori favorevole alla ratifica».
"Va bene", così Giorgetti gela l'opposizione: resa dei conti, cosa accadrà dopo Natale
UN TEMA COMPLESSO
Poche righe più sotto, però, lo stesso Noto riconosce con onestà che lui e i suoi hanno avuto un problemino. Intuibile quale: nei bar, nelle piazze e negli ascensori italiani è difficile imbattersi in gente che discute delle linee di credito precauzionali e dell’estensione dei poteri del fondo di risoluzione unico. Gli unici che conoscono il Mes e si appassionano al tema sono gli addetti ai lavori; l’elettore medio, piaccia o meno, non ha interesse per l’argomento, anche a causa della sua complessità. E infatti, ammette mestamente Noto poche righe più sotto, «c’è da dire che 1’82% degli italiani dichiara di non sapere esattamente in cosa consista il Mes». Un numero enorme, che però la titolazione si guarda bene dal riportare.
"Dimissioni? Ecco quando": Giancarlo Giorgetti spezza l'assedio della sinistra
Ma allora come si fa ad avere la risposta agognata, se otto su dieci ammettono di non saperne nulla? Semplice: tutto si risolve «spiegando agli intervistati alcune delle azioni previste» dal fondo salva-Stati. In altre parole: l’82% degli italiani non sa cosa sia il Mes, ma il 52% diventa magicamente favorevole dopo che glielo ha spiegato Repubblica.
Ora: nei sondaggi, il modo in cui viene posta la domanda è tutto. Se si chiede a una platea quanti sono a favore dell’aumento delle pensioni, il plebiscito favorevole è scontato. Ma se la domanda è: «Lei è favorevole ad un aumento delle pensioni finanziato con un maggior prelievo sulle buste paga dei lavoratori e un taglio delle spese per gli asili nido?», il tasso di risposte positive crolla. Se poi si quantifica in modo realistico il prezzo che le altre categorie dovrebbero pagare, niente di più facile che gli unici favorevoli rimangano i pensionati. E l’esempio della previdenza è una bazzecola, confronto ad un argomento pieno di dettagli tecnici come il Mes, in cui ogni potenziale beneficio ha un costo corrispondente, per nulla intuitivo.
LA SEMPLIFICAZIONE
Te li vedi, i volenterosi addetti al sondaggio, che intrattengono al telefono i malcapitati sul testo originario del trattato intergovernativo firmato nel 2012, illustrano i tratti essenziali della riforma definita nel 2021 e la quota che l’Italia deve versare nel capitale del Mes, spiegano come funzionerebbero le nuove clausole d’azione collettiva con approvazione a maggioranza singola nel caso si discutesse la ristrutturazione del debito pubblico italiano, forniscono i necessari dettagli sul modo in cui il nuovo Mes sosterrebbe il fondo di risoluzione unico per le banche in dissesto, ragguagliano sul diverso stato di salute degli istituti di credito italiani, tedeschi e francesi, e concludono ricordando che, ora che la riforma è stata bocciata, resta comunque in vigore il trattato originario. Le cui differenze con la versione modificata che il parlamento non ha ratificato saranno a quel punto chiarissime a chi dovrà rispondere. Perché se non è fatto questo, e agli interpellati è stato detto, come si legge nelle tabelle di Repubblica, che con quel trattato «uno Stato in crisi economica può accedere ai fondi del Mes», e altre due o tre cose del genere, è inevitabile che la maggioranza si sia dichiarata favorevole: chi rifiuterebbe la possibilità di un aiuto senza contropartite? Viene persino da pensare che abbiano confezionato il pacchettino apposta, in modo da avere il risultato comodo da sbandierare in prima pagina. Tempi tristi da quelle parti, in un caso o nell’altro.