A proposito della riforma del Mes, la segretaria del Pd Elly Schlein ha dichiarato al Corriere della sera: «Non è possibile per ragioni ideologiche bloccare tutto il resto d’Europa sulla ratifica di un trattato». Se ne deduce che sa poco del Mes, ma che comunque ne ritiene urgente la ratifica, pur senza fornire una sola ragione che spieghi l’utilità di tale strumento. La risposta le è arrivata da Giorgia Meloni: «Chiedo ai partiti di opposizione: siete stati al governo per quattro anni, perché non avete ratificato voi il Mes, se era così fondamentale farlo in tempi rapidi?».
Non è arrivata nessun replica. È dunque interessante ricordare che quando hanno discusso del Mes, nel merito, dentro al Pd, le posizioni non erano affatto favorevoli alla ratifica. Bisogna tornare al novembre 2020, gli ultimi mesi del governo giallorosso, il Conte2. Intervennero due pesi massimi, due personalità che, fra l’altro, incarnavano l’ala più europeista del partito. David Sassoli, a quel tempo presidente del Parlamento europeo e sempre celebrato dai suoi come simbolo di europeismo, il 14 novembre 2020, rilascia un’intervista a Repubblica in cui spiega che il Mes non va bene: «Lasciare nel congelatore 400 miliardi sarebbe intollerabile».
L’appello proseguiva: «Il Mes, derivante da un accordo intergovernativo, è estraneo all’ordinamento dell’Unione, e questa riforma rafforza il suo ruolo rispetto agli organismi comunitari, aumentando ulteriormente il carattere tecnocratico della gestione dell’Unione. Il dramma è che l’accrescimento di questo ruolo avviene a favore di una tecnocrazia che si è già dimostrata ampiamente inadeguata nelle scelte di politica economica. Anche personalità di indiscutibile fede europeista, come il presidente dell’Europarlamento David Sassoli e l’ex presidente del Consiglio italiano Enrico Letta, si sono dichiarate a favore di un radicale ripensamento di questo meccanismo, che dovrebbe essere ricondotto all’interno dell’ordinamento comunitario».
L’APPELLO
Nell’appello si sottolineava che «il Mes non è uno strumento di aiuto, ma di controllo» e si spiegava che «dare il via libera alla riforma a patto che poi l’Italia non faccia ricorso al Mes» in sostanza «è un errore. Il Mes va rifiutato senza se e senza ma» e «qualsiasi seria riforma dell’ordinamento europeo deve prevedere l’abolizione del Mes». Anche l’ultima considerazione di questi accademici è importante: «La storia d’Italia degli ultimi trent’anni è caratterizzata da snodi critici in cui riforme apparentemente tecniche e di scarsa portata hanno pesantemente condizionato gli sviluppi futuri e limitato fortemente la discrezionalità politica nazionale, consegnandola al “vincolo esterno”. Tali riforme sono state fatte passare senza che l’elettorato fosse sufficientemente informato e cosciente della posta in gioco, spesso con argomenti speciosi quali la necessità di non perdere “credibilità” dinanzi ai partner europei. Siamo convinti che la riforma del Mes rappresenti uno di questi snodi cruciali e che sia necessario opporle il veto». Per la stessa ragione democratica è assurdo procedere oggi a una riforma del Patto di stabilità, a sei mesi dal voto europeo. È all’elettorato che va chiesto cosa fare in proposito. Per cui sarebbe giusto e democratico sospendere il Patto in attesa delle risposte degli elettori. Se nella Ue la sovranità appartiene al popolo. www.antoniosocci.com