Prodi fa i conti in tasca al Pd: "Persi 6 milioni di voti"
I conti li ha fatti uno dei suoi fondatori, Romano Prodi: il Partito Democratico in quindici anni ha perso sei milioni di voti, quindi va invertita la rotta. L'ex presidente del Consiglio fa mea culpa intervenendo al Forum "L'Europa che vogliamo" organizzato dal Pd a Roma spingendo i "compagni" verso una nuova strada che costruisca un rapporto forte con la società. "Il populismo non è un evento casuale", ha tuonato Prodi, "ma il rifugio di chi non trova una casa utile e molti non l’hanno più trovata nel Pd". In questi anni, ha puntualizzato il prof "il succedersi di governi di coalizione" con partiti diversi "ha fatto sempre prevalere l’oggi sul domani, il compromesso sul progetto e noi abbiamo bisogno del progetto e spero che la fondazione del Pd sia il centro del progetto. Dobbiamo riflettere sull’idea di Paese che vogliamo costruire". In ogni caso, esagera Prodi "il Pd resta l’unico partito in Italia ancora capace di parlare con i suoi elettori". "Dobbiamo procedere con il necessario equilibrio tra radicalismo e riformismo", ha puntualizzato. "Dobbiamo tornare a essere il punto di riferimento del Paese per le europee".
Anche perché, ci tiene a sottolineare il prof "non c'è Europa senza l'Italia e affinché continui a essere un punto fermo anche in futuro, "occorre mandare a Bruxelles una squadra forte, coesa, competente e che si prepara a ricoprire ruoli prestigiosi, una squadra in cui si possano esprimere i vertici di domani". "Solo attorno a un progetto forte si può creare una coalizione capace di vincere nel nostro Paese e di avere la necessaria autorità in Europa", ha aggiunto ripetendo la frase pronunciata tante volte da Chirac "Non c'è Europa senza Italia". "È ancora così", ha ribadito Prodi spiegando che la sfida, "la sfida di noi riformisti è completare l'Europa, fare l'Europa federale". "Soprattutto", ha aggiunto, "un'Europa che sia unita, forte, che torni a essere rilevante nel mondo. La tristezza maggiore che ho provato da quando sono uscito dalla politica è vedere come si sia affievolito l'interesse per l'Europa dei giovani per l'irrilevanza progressiva che l'Europa ha avuto di fronte ai giganti Usa e Cina. Dobbiamo completare un progetto che ci ha portato tanti benefici, tanti vantaggi e che è ancora incompiuto".
"Il nostro primo grande obiettivo", ha spiegato Prodi, "è creare una politica estera comune e una difesa comune. Non per assumere il ruolo di superpotenza tra le grandi potenze ma per avere quel ruolo di equilibrio e moderazione che è compito dell'Europa". L'ex presidente della Commissione Ue puntualizza che non serve "un assurdo aumento delle spese militare" visto che "noi spendiamo molto per spese militari, 480 miliardi di euro in Europa, oltre la metà degli Usa e ben oltre quello che spende la Cina. Una spesa grande con una scarsissima efficacia. Con ironia fuori posto l'Europa è stata definita un gigante economico, un nano politico e un verme militare. Non possiamo essere solo un vassallo fedele, ma un alleato fedele capace di costruire una politica unitaria in difesa dei nostri diritti e anche dei nostri interessi". E al tempo stesso "non possiamo tollerare di avere nella parola pacifismo un significato negativo. Esercito europeo ma anche una strenua difesa della pace in Europa". Insomma, serve "un'Europa forte, amica degli Stati uniti, leale e a supporto di chi è stato aggredito, ma anche con una grande capacità di esprimere una propria posizione unitaria senza la quale continueremo a essere mangiati pezzo per pezzo dagli Stati Uniti e dalla Cina".