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Pd e M5s, fantasia tributaria: ora si inventano un condono che non c'è

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Antonio Castro
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Se un vostro debitore, di quelli importanti, vi chiedesse un paio di settimane in più per saldare la prima e seconda rata del piano di ammortamento concordato accettereste? O, per mantenere il punto, rischiando di perdere i soldi - di chi ha ammesso il debito davanti agli agenti del fisco- preferireste rischiare di perdere i quattrini pattuiti?

Paradossi di un’Italia che viaggia al contrario. Una volta tanto che gli italiani si mettono a grattare il salvadanaio per saldare (a rate) bolli, imposte e tributi saltati fuori dalle banche dati dell’Agenzia delle Entrate, inevitabilmente in Parlamento si alza qualcuno che contesta l’ipotesi di concedere qualche giorno in più. La determinazione dell’opposizione (Pd e M5s in particolare) di contestare qualsiasi cosa pur di andare contro la maggioranza fa strabuzzare gli occhi. Partiamo dall’aspetto tecnico: lo Stato ha pattuito, con l’operazione Rottamazione Quater, di incassare 20 miliardi di crediti fiscali formalmente esigibili ma di complessa reperibilità. In sostanza circa 3,8 milioni di italiani sono stati informati di dover saldare piccoli debiti fiscali: un bollo auto non pagato, una multa non giunta, una cartella mai recapitata. I tecnici delle Entrate, insieme al Tesoro, hanno ideato un meccanismo di parcellizzazione che negli ultimi decenni sembra aver avuto un discreto successo con i contribuenti italiani. E infatti quasi il 50% dei contribuenti già pagano le tasse a rate.

 

 

L’operazione Rottamazione Quater (dal 1° gennaio 2000 al 30 giugno 2022), è andata così bene che dai primi due versamenti (prima rata sabato 31 ottobre, seconda rata giovedì 30 novembre), hanno fatto arrivare nelle casse dello Stato più dei 3 miliardi preventivati. Modesto dettaglio: il calendario delle festività quest’anno ha fatto uno scherzetto allo scadenzario fiscale che è leggermente sfalsato. Tra festività, ponti e giorni non lavorativi e non bancabili, non tutti i 3,8 milioni debitori che hanno aderito sono riusciti a saldare una o entrambe le prime due rate.

E qui saltano fuori le rogne: nella richiesta di adesione alla Rottamazione è scritto chiaro e tondo che se «il creditore non paga entro i termini pattuiti il piano di rientro» salta. E quindi si torna a dover pagare more, ritardi, interessi e altri balzelli: a spanne un 30% in più.

Il buon senso da padre di famiglia con i conti pubblici traballanti e il gettito fiscale che segna un ammanco annuo certificato dalla Banca d’Italia in circa 100 miliardi di euro - vorrebbe che si mettessero all’opera un po’ di senno. E invece - come spesso capita in Italia - piuttosto di favorire l’interesse comune si coglie qualsiasi occasione per mettere il bastone tra le ruote.

 


Partito democratico e Grillini si sono schierati compatti contro la richiesta di concedere un miti posticipo per saldare le prime due rate. Ma gli è andata male. Ieri Palazzo Madama- dopo giorni di tira e molla, accuse di «condoni mascherati» e altri battibecchi per spuntare l’onore di due righe di agenzia - è passato l’emendamento di Claudio Lotito (Forza Italia) che prevede la possibilità di saldare le prime due rate scadute (il 31 ottobre e il 30 novembre) entro lunedì 18 dicembre. In particolare, come recita il correttivo, «i versamenti con scadenza il 31 ottobre 2023 e il 30 novembre 2023 si considerano tempestivi se effettuati entro il 18 dicembre 2023».

In sostanza si permette (a quanti non hanno rispettato le due date che portavano in dote già una tolleranza di 5 ulteriori giorni) di continuare a pagare. Movimento 5 Stelle e Pd non hanno voluto sentire ragioni. Uno dei tre relatori al decreto Anticipi, Dario Damiani di Forza Italia ha provato a spiegare ai colleghi del centro sinistra la tecnicità dell’emendamento: «Poiché la contabilità chiude il 18, andava bene mettere la scadenza al 18. $ solo una questione contabile». Considerando che il “magazzino” fiscale residuo dei ruoli affidati dai diversi enti creditori, prima a Equitalia e poi all’Agenzia entrate-Riscossione (1° gennaio 2000 – 31 dicembre 2022), ha raggiunto l’importo record ma virtuale di circa 1.153 miliardi di euro ed è composto da oltre 170 milioni di cartelle di pagamento, circa 290 milioni di singoli crediti affidati, dagli enti creditori all’Agenzia delle entrate-Riscossione, per le attività di recupero nei confronti da quasi 23 milioni di soggetti debitori. Ma la stessa Agenzia delle Entrate reputa effettivamente recuperabile appena 114,18 miliardi.

Ps: Chi scrive ha ricevuto una cartella esattoriale per un bollo auto del 2018. Già pagato.

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