Pd, voto negato a Firenze? La rivolta del partito contro Elly Schlein
Nella città che, grazie alle primarie, ha permesso a un trentenne, Matteo Renzi, di scalare un partito – contro il volere degli allora vertici – e di diventare prima sindaco, poi segretario nazionale, le primarie non si faranno. Così come non si faranno in Sardegna. Il tutto in un Pd che, grazie alle primarie, ha visto diventare segretaria una donna che, fino a qualche mese prima, non era nemmeno iscritta al Pd e aveva tutti i maggiorenti contro. È il grande paradosso che si sta consumando, in queste ore, nel Pd, tra imbarazzi e silenzi. Il primo caso è Firenze dove, ieri sera, il Pd cittadino, in un’assemblea, ha deciso che il prossimo candidato sindaco non sarà scelto ai gazebo.
Sarà Sara Funaro, attuale assessore all’Educazione, welfare e immigrazione del comune di Firenze. È lei il nome voluto da Dario Nardella, attuale sindaco, e da Elly Schlein. A nulla sono servite le proteste di Cecilia Del Re, ex assessore della giunta, che lo scorso 22 novembre aveva consegnato al Nazareno oltre mille cartoline dove si chiedeva di permettere agli elettori dem fiorentini di poter dire la loro, di fare le primarie. No alle «donne calate dall’alto», ha detto nelle ultime ore Del Re, appellandosi alla donna che in questo momento guida il partito e che è stata eletta proprio grazie a primarie. Niente da fare. Al posto delle primarie si sono fatte delle consultazioni: una specie di sondaggio che ha coinvolto una platea scelta, circa 200 personalità del Pd locale. Oltre l’80% si è espresso a favore di Funaro. Nei giorni scorsi il Pd nazionale aveva poi fatto commissariare a Winpoll una rilevazione pre-elettorale su Firenze che aveva fotografato una preferenza per Funaro: 74% contro il 26% di Del Re. Sondaggi e consultazioni al posto di primarie. A sostenere Funaro ci saranno Azione e Più Europa. Con Avs la trattativa è in corso. Non ci sta il M5S e nemmeno di Italia Viva, decisa a presentare una propria candidatura.
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Simile, ma con conseguenze che si annunciano persino peggiori, è il caso Sardegna, che andrà al voto fra tre mesi. La richiesta di Renato Soru, tra i fondatori del Pd, di indire primarie si è scontrata contro il no di Roma, che aveva già chiuso l’accordo con il M5S sul nome della grillina Alessandra Todde. Risultato, Soru si candiderà lo stesso. E il centrosinistra, diviso in due, perderà quasi certamente. Non solo. Il rischio è che le elezioni siano dichiarate nulle. La mina che potrebbe far deragliare il voto è la mancata attuazione dell’articolo 8 della legge regionale statutaria del 2013 che prevede la scelta dei candidati delle coalizioni attraverso elezioni primarie. A ricordarlo sono stati, ieri, i consiglieri della lista dei Progressisti, formata tra gli altri dall’ex sindaco di Cagliari Massimo Zedda, che hanno presentato una proposta di legge per l’applicazione dell’articolo 8 già nella tornata del 2024. L’obiettivo è far decadere, per legge, la candidatura della Todde. Difficile che la proposta possa essere votata e approvata: dovrebbe entrare in Aula con la procedura d’urgenza, i capigruppo di maggioranza e opposizione dovrebbero essere d'accordo. Ma se non accadrà, nulla vieta che, a elezioni fatte, si presentino ricorsi contro la validità delle stesse elezioni. Ed è quello che i Progressisti intendono fare. “Il Consiglio”, ha detto Zedda, «è obbligato a pronunciarsi, il rischio è mandare sub iudice le prossime elezioni regionali perché qualsiasi cittadino sarebbe legittimato a presentare ricorsi per la mancata applicazione della legge, anche prima delle elezioni, magari subito dopo la convocazione di comizi elettorali».
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