Maurizio Landini, ultimo delirio: il sindacato sono io
Domani, con gli scioperi e le manifestazioni programmate nel Mezzogiorno, si chiude finalmente la maratona barricadera con cui Maurizio Landini pensava di mettere a ferro e fuoco il Paese. In realtà, ciò che resta della grande iniziativa di lotta non è la dimostrazione di forza del sindacato rosso (considerata anche la fiacca adesione dei lavoratori), ma i profondi turbamenti del segretario della Cgil, che da un paio di settimane ripete ogni giorno come un disco rotto gli stessi slogan antigovernativi (aumento della precarietà, sanità spolpata, pensioni saccheggiate, italiani allo stremo, tenuta democratica a rischio, Costituzione calpestata, il Paese va a sbattere) tentando di imporre alle opposizioni una leadership politica che per ora solo Giuseppe Conte sembra aver preso un po’ sul serio. Mentre Elly Schlein per ora si limita a sbaciucchiarlo affettuosamente ogni volta che lo incontra in piazza. Nell’attesa che anche gli altri si accorgano delle sue potenzialità per rimettere in piedi una sinistra allo sbando, l’ex capo della Fiom ha deciso di dedicarsi ad affermare la sua egemonia nel mondo sindacale. Scenderà in politica? Macché. «La mia intenzione», ha spiegato, «è quella di rispettare l'impegno che mi sono preso con gli iscritti e i lavoratori della Cgil e i lavoratori in generale. Io voglio riunificare il mondo del lavoro». Non che sia una novità, intendiamoci.
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Da sempre Landini ritiene di essere l’unico interlocutore veramente rappresentativo e l’unico degno di essere considerato come tale. Questo lo sanno benissimo le sigle minori, che solitamente vengono tenute fuori dalla porta ai tavoli delle vertenze aziendali, quando si discute di nuovi contratti o quando si tratta di negoziare i distacchi sindacali o decidere chi finisce in cassa integrazione in caso di ristrutturazioni aziendali.
CONTRO GLI AUTONOMI
Da qualche mese a questa parte, però, la situazione si è complicata. Persino nel fortino della Triplice, dove pensava di poter dettare legge. La Cisl di Luigi Sbarra ha deciso da subito di prendere le distanze dalla sua battaglia pregiudiziale e politica, preferendo la via del dialogo costruttivo col governo. La Uil continua ad andargli dietro, ma il segretario Pierpaolo Bombardieri riesce con sempre maggiore difficoltà a nascondere il disagio di essersi infilato su un sentiero che non promette nulla di buono. Sarà un caso, ma domani mentre Landini sarà sotto i riflettori della manifestazione di Napoli, quella più imponente, a Bombardieri toccherà invece guidare il corteo parallelo, e secondario, di Bari. Ma quello che più fa infuriare Landini è lo spazio e la visibilità che il governo sta concedendo ai sindacati autonomi. Non solo sempre convocati ai tavoli delle trattative, ma addirittura rafforzati nel Cnel a scapito di Cgil, Cisl e Uil.
«Questo», ha tuonato ieri a Sky Tg24, « è il momento di fare una legge sulla rappresentanza». A Palazzo Chigi c’erano 9 organizzazioni sindacali, rappresentano chi? Chi misura la rappresentanza? Il governo sceglie quelli con cui discutere». E pensare che solo qualche giorno fa proprio lui aveva tenuto a sottolineare che dalla Cgil «nessuno sentirà mai una parola contro altre organizzazione sindacali. Il nostro obiettivo non è semplicemente l'unità delle sigle, ma l'unità del mondo del lavoro». Landini ovviamente si riferiva alla Cisl e non agli autonomi che, gli piaccia o no, rappresentano anche loro milioni di lavoratori. La realtà è che per lui, alla faccia del rispetto della democrazia e della Costituzione, quelli non sono veri sindacati, ma organizzazioni pirata sostenute dalle imprese per firmare contratti capestro. Non come quelli a 5 euro l’ora che sottoscrive la Cgil. Ed è vivendo in questo mondo parallelo, dove lui è il cavaliere Jedi che combatte contro l’impero, che l’ex segretario della Fiom deve aver maturato la convinzione che la rappresentanza non si misura con le tessere sindacali e neanche con il voto degli elettori, ma solo con le piazze. «Noi non rappresentiamo una minoranza né l'opposizione», ha detto, restando serio, «noi rappresentiamo una maggioranza di questo Paese». E poi c’è chi dice che il premierato è eversivo.
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