Soumahoro con l'ultrà pro-Hamas: la foto che imbarazza la sinistra
La sinistra che da vent’anni si divide sul conflitto israelo-palestinese va a braccetto con chi invece si rifiuta di definire Hamas un gruppo terroristico. Sì va bene le dichiarazioni di circostanza all’indomani dell’attacco del 7 ottobre, l’invito a perseguire la linea delineata dall’Onu: due popoli, due Stati. Quando però c’è da prendere le distanze da personaggi controversi come Maya Issa, leader dei giovani studenti palestinesi, che da mesi continua a ripetere in piazza: «Israele assassino» e che «mi rifiuto di chiamare Hamas gruppo terroristico», cala il silenzio.
Eppure Laura Boldrini (Partito democratico), Aboubakar Soumahoro (gruppo Misto), Nicola Fratoianni (Alleanza Verdi e Sinistra) Maya la conoscono da tempo. Sono stati proprio loro ad accoglierla il 27 maggio scorso in Parlamento, a fare gli onori di casa, a scattare le foto di rito sorridenti. Non si sono però degnati di una parola di condanna quando sabato scorso, ancora una volta, anche da una piazza che avrebbe dovuto essere neutrale, il giorno della lotta contro la violenza alle donne, Maya e i suoi accoliti hanno dato della «fascista» e della «nazista» ad una donna di 76 anni, Angela, come documentato da Libero domenica scorsa, che chiedeva pacificamente di riporre le bandiere palestinesi.
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Certo sono più utili alle urne le esternazioni trasversali. come quelle della Boldrini che ha espresso «condanna durissima verso attacchi terroristici di Hamas» e che su Israele ha aggiunto: «La giustizia è una cosa, la vendetta è un’altra». Eppure Boldrini sempre vicino alla causa femminile avrà pur sentito o letto le dichiarazioni dei Giovani studenti palestinesi che negano gli stupri avvenuti il 7 ottobre: «Non ci sono conferme di stupri avvenuti da parte di Hamas», hanno scritto pochi giorni fa su Facebook.
Si dicono certi anche di altro: «Il governo sionista ha usato il corpo delle donne per promuovere il genocidio successivo del 7/10/23».
Anche Soumahoro, l’osannato quanto dimenticato paladino dalla sinistra, entrato a palazzo Montecitorio con gli stivali di gomma sporchi di fango, a simboleggiare la fatica dei braccianti, salvo avere in casa suocera e moglie che- secondo i magistrati - sfruttavano alla fame i lavoratori delle proprie cooperative, sembra avere sulla questione israelo-palestinese idee cerchiobottiste: «Un bambino israeliano e un bambino palestinese hanno entrambi lo stesso diritto di vivere. Non esistono bimbi di serie A odi serie B».
Eppure secondo Issa e i suoi non ci possono essere stati bambini israeliani barbaramente carbonizzati da Hamas: «I palestinesi resistenti hanno intenzioni e ordini ben precisi: non toccare bambini, donne e indifesi», basta mostrare il frame di un video di qualche miliziano più umano con una donna israeliana, che tiene in braccio il figlio, per disconoscere quel pogrom che è stato il 7 ottobre.
«Serve una pace giusta per garantire diritti al popolo palestinese e sicurezza per lo Stato di Israele», ha detto Fratoianni. Mentre Maya grida dai social: «Intifada fino alla fine». Una rabbia che, Maya, un eloquio fluente, da tribuna politica, cresciuta a Tivoli alle porte di Roma, ha ereditato dal padre. D’altronde lei in Palestina non ha messo mai piede.
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NATA A TIVOLI
«Mio padre è stato cacciato da Gaza nel 1948». Un rancore mai domo. «Gli ebrei hanno avuto un ottimo maestro per torturare», ha detto il papà della battagliera Maya Issa lo scorso 13 ottobre a piazza Vittorio, a Roma, durante la prima manifestazione organizzata a sostegno del popolo palestinese. Chiaro il riferimento ai nazisti di Adolf Hitler. Nello stesso giorno Soumahoro intervistato da L’Aria che tira (La7) lo scorso 13 ottobre si diceva preoccupato: «Non vorrei che all’interno di questo silenzio ci fosse una sorta di sentimento anti-arabo o anti-musulmano».
La percezione tuttavia è che ci sia invece un profondo odio antisemita che pervade i giovani palestinesi dall’hinterland romano come quello milanese. Basti pensare a Falastin Dawoud, ex studentessa dell'Istituto di istruzione Carlo Emilio Gadda di Paderno Dugnano, figlia di un esponente di spicco dell’Associazione palestinesi in Italia, che da piazza Castello, sabato scorso, ha sbertucciato i prigionieri israeliani. Falastin fa parte dell’inner circle di Mohammad Hannoun, l’architetto palestinese trapiantato a Genova e fondatore dell’Associazione benefica di solidarietà con il popolo palestinese, accusata da Israele di finanziare «i partigiani» di Hamas. Hannoun le era accanto anche lo scorso 23 ottobre nell’Anfiteatro Martesana, dove era terminato il corteo a sostegno della palestinese. Quando Falastin, continuando a berciare al microfono con voce sabbiosa il solito mantra «Free, free Palestine». Ripetendo: « Non ci stancheremo mai lottare per la Palestina. Costi quel che costi».
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