De Luca, la frase rubata ai vertici Pd: "L'alternativa qual è?"
Del suo libro Nonostante il Pd si è parlato in lungo e in largo. Anche chi non ha letto le durissime righe di Vincenzo De Luca contro il suo partito, ha appreso dalle anticipazioni apparse sui quotidiani e dall'intervista del governatore della Campania a Che tempo che fa in studio da Fabio Fazio sul Canale 9, come la situazione al Nazareno sia tra il comico e il tragico.
L'ex sceriffo di Salerno, in guerra aperta con Elly Schlein per la questione del terzo mandato (lui vorrebbe ricandidarsi, la leader si ostina a rispondergli picche) e più in generale per la sua gestione politica "grottesca", regala però ogni giorno qualche chicca in più, utile a illuminare il lettore e l'elettore su cosa accada dietro le quinte del principale partito della sinistra italiana, in crisi d'identità ormai perenne.
Secondo De Luca, intervistato alla Biblioteca Salaborsa di Bologna dal condirettore del Quotidiano Nazionale Raffaele Marmo, "ha valore discutere del Pd perché serve alla democrazia italiana avere una forza di opposizione autorevole, credibile, in grado di presentarsi come una alternativa vera a questo governo di squinternati che abbiamo in questo momento in Italia". Una alternativa, si evince dalle parole del governatore, che non ancora non c'è. "Al momento quando facciamo delle osservazioni critiche sull'attuale governo ci viene detto 'sì, ma l'alternativa quale è?'. Davanti a questa osservazione - chiosa - rimaniamo un po' disarmati".
Quindi le ben note accuse ai vertici dem: "Il metodo di selezione dei gruppi dirigenti del Partito Democratico è un metodo in negativo: più perdi i voti più vai avanti. Sembra paradossale ma così è, non troverete un dirigente nazionale che abbia conquistato qualcosa nel suo territorio di riferimento, che abbia vinto una battaglia elettorale, che abbia il coraggio di presentarsi con la sua faccia davanti agli elettori". Lui, vero e proprio capo-bastone del partito nel Mezzogiorno, la sua faccia la metterebbe eccome, per la terza volta di fila. Ma, sottolinea, "c'è un meccanismo perverso che è fondato sul correntismo. Non sui meriti, non sul valore politico, non sulla qualità culturale, non sulla tenuta organizzativa, ma è fondato sulla appartenenza alle correnti".