Scherzo a Meloni, retroscena: quell'ordine dato da Putin all'inizio della guerra
Cosa c'è davvero dietro la telefonata dei due comici russi a Giorgia Meloni? Francesco Verderami ne parla sul Corriere della Sera facendo partire la sua riflessione dall'ordine dato da Vladimir Putin ai diplomatici russi di stanza a Roma all'inizio della guerra in Ucraina. L'ordine era quello di adottare metodi aggressivi contro il governo italiano, fin da subito schierato con Kiev. "In un anno e mezzo l’ambasciatore Sergej Razov si fece interprete di iniziative così provocatorie da indurre più volte la Farnesina a convocarlo - ricorda il giornalista -. Inviò una mail di minacce ai parlamentari che stavano per votare gli aiuti a favore degli ucraini. Chiamò ex premier per convincerli che il conflitto era stato causato 'dal terrorista Volodymyr Zelensky'".
Poi il cambio: ad aprile Razov è stato sostituito da Aleksej Paramonov, apparentemente più defilato. Anche se allo scoppio della guerra definì l’Italia "uno dei Paesi ostili" annunciando "conseguenze irreversibili" se avesse adottato sanzioni contro Mosca. L'apparente calma piatta di questo periodo, però, "è solo una postura" secondo il renziano Enrico Borghi, che è anche membro del Copasir: "I russi sono spariti dai radar perché hanno deciso di inabissarsi. Tuttavia continuano a sostenere l’opera di disinformazione in Italia, alimentata magari da quel costante flusso di danaro che giunge dall’estero".
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"Sono silenti ma non per questo meno attivi - ha proseguito Borghi -. E ogni occasione è funzionale alla loro narrazione. Purtroppo la premier, per una serie di gravi errori, è finita in una di queste iniziative affidata a sedicenti comici". E anche se dal Cremlino smentiscono un loro coinvolgimento nello scherzo telefonico, in realtà qualche dubbio rimane. "A sentire un autorevole ministro italiano - scrive Verderami - 'l’obiettivo dei russi era indebolire le nostre relazioni con gli alleati e con l’Ucraina. E far scoppiare contraddizioni all’interno del mondo Occidentale'".
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