Sergio Mattarella, la stampa di sinistra ora invoca le "dimissioni"
Il premierato manda ai matti la sinistra. Non soltanto quella Parlamentare, si pensi alle roboanti dichiarazioni dei compagni, da Elly Schlein in giù, che cavalcano il solito ritornello: la democrazia è in pericolo, almeno secondo loro. Ritornello che ha stufato e che, soprattutto, non ha mai convinto. Già, per loro ragionare su una riforma costituzionale che assicuri maggior governabilità e, soprattutto, l'elezione di un premier indicato direttamente alle urne è una sorta di lesa maestà. E ad essere lesi sarebbero democrazia e Quirinale.
Si diceva: non solo la sinistra Parlamentare. Già, perché ovviamente, su Repubblica e Stampa giusto per fare due esempi niente affatto casuali, ecco campeggiare articolesse che gridano allo stesso rischio democratico. In ordine sparso, su Rep abbiamo un Zagrebelsky che chiosa ricordando come FdI sarebbe un partito erede di chi non ha scritto la Costituzione, ovvero i fascisti. Ergo, Giorgia Meloni e i suoi non dovrebbero toccare quella stessa Costituzione. Il sillogismo appare davvero fragile, per ovvie ragioni. Quindi Massimo Giannini, sempre su Repubblica, che parla di "golpetto all'amatriciana". Toni barricaderi, che però flirtano col ridicolo.
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Ma non solo. Si registra infatti una sorta di salto di qualità, a cui si arriva a tempo record. Sui due quotidiani infatti ecco balzare all'ordine del giorno la possibilità che Sergio Mattarella si dimetta. Sulla Stampa troviamo un paginone in cui il titolo recita: "La legge, il mandato di Mattarella e i timori del passo indietro". E ancora, per il quotidiano torinese, "in Parlamento serpeggia la paura", quella delle dimissioni del Capo dello Stato.
Quindi su Repubblica, dove troviamo due pagine di intervista a Giuliano Amato, i cui toni sono apocalittici: "Stravolto il sistema basato sul Parlamento", tuona. E quando ricordano al Dottor Sottile che ora Mattarella è stato messo in condizione di non poter intervenire pubblicamente su un tema che lo investe personalmente, ecco che Amato risponde: "Per parlare dovrebbe dire prima domani mi dimetto, in modo da affrontare una questione che non lo riguarda più: quindi ci auguriamo tutti che non parli". Insomma, l'ipotesi del passo indietro non è poi così peregrina neppure per Amato. E il legittimo sospetto si fa largo a tempo record: si tratta di un'ipotesi o dell'ennesima panzana della stampa progressista? Di una sorta di appello mascherato e disperato al Quirinale? Noi, un'idea ce l'abbiamo.
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