Elly Schlein, "in alto mare". Fuga di notizie dal Pd: dove si schianta
La risposta standard è: «Ancora non ha deciso». Attenuata da un:«È ancora presto, vedremo più avanti». Il paradosso in cui si dibatte il Pd di Elly Schlein è tutto in queste frasi, raccolte tra i suoi, e confermate dall’intervista fatta da Lilli Gruber a Otto e Mezzo: come dice uno dei dem, «se Elly fa Elly, se è radicale nelle scelte, perde un pezzo del partito. Se prova a tenere insieme sensibilità diverse, e dunque è prudente, passa per indecisa». Risultato, scontenta tutti. Quelli che l’hanno votata, quelli che non l’hanno votata. L’ultimo esempio di questo limbo in cui si trova il Pd, riguarda le candidature europee. E in particolare l’idea- circolata negli scorsi giorni- di far candidare la segretaria dem in tutte le circoscrizioni per le Europee.
DRAMMA PREFERENZE
Il cerchio di Elly si è diviso: una parte spinge perché lo faccia, della serie “o la va o la spacca”, un’altra, invece, frena perché vede i rischi legati a questa scelta. I primi puntano a fare un milione di preferenze. «Se ce la fai», è il ragionamento, «potremmo dire che perde il Pd, ma vince Schlein». Ma se andassero male entrambi? Sarebbe un disastro. Peraltro, essendoci le preferenze, non è scontato che la leader dem prenda più voti dei candidati radicati sul territorio. Questa parte dei suoi spinge, piuttosto, perché Schlein chieda a tutti i big di candidarsi. Per trainare o per dividere l’eventuale costo.
E Schlein cosa pensa? Riflette, dicono. Si rende conto che una sua candidatura a capolista potrebbe fare da traino. Ma se va male, rischia di rimetterci l’osso del collo. Senza contare che le pluricandidature sono state uno stratagemma della destra, il primo fu Silvio Berlusconi. Può, la leader del principale partito di sinistra, copiare una tattica che ha questo marchio? «Il problema», ammette un big del Pd, «è che è in generale siamo in una situazione di stallo». Sulle candidature alle Europee, ma non solo. «Prendiamo l’emergenza migranti, che pure sta creando problemi alla maggioranza: la nostra linea è confusa, debole, contraddittoria». In questa nebbia, Schlein ha chiesto anche alla minoranza di avanzare candidature. E più di qualcuna: «Non vuole che si punti solo su 3 o 4 nomi, concentrando lì tutti voti», spiega un big della minoranza. Più nomi ci sono, più si evitano candidati che facciano il pieno di preferenze. Per questo, alla prima segreteria dopo la pausa estiva, Schlein ha detto che intende fare liste rappresentative.
Uno dei nodi è il Sud. Schlein vorrebbe candidare come capolista Sandro Ruotolo. Ma anche altri, persino tra i fedelissimi di Schlein, ambiscono a questo ruolo. Si parla, per esempio, anche di Francesco Boccia. Candidature certe, poi, sono quelle di Antonio Decaro e Pina Picierno. Ma bisogna capire cosa faranno De Luca ed Emiliano. Al centro, Nicola Zingaretti non vorrebbe candidarsi. Mentre è praticamente certo Dario Nardella, così come Marta Bonafoni, fedelissima di Schlein. Al Nord Ovest un tassello sicuro è rappresentato da Giorgio Gori, mentre la segretaria dem spinge per Majorino. Al Nord Est, invece, bisogna capire se si candiderà o no Stefano Bonaccini. Il governatore emiliano è tentato, ma vuole capire chi sarà il suo successore in regione. Non solo: scegliere Bruxelles, lasciando a metà il lavoro sulle terre alluvionate, potrebbe regalare al centrodestra un’arma potente in campagna elettorale.
SEGGIO LOMBARDO
Intanto, al Nord, si è aperto un altro problema: la candidatura di candidato per le suppletive di Monza sta creando un malumore crescente dentro il Pd. Sia locale, sia nazionale. Idem della Brianza avevano sottoposto una rosa di nomi alla segreteria, di cui faceva parte, tra gli altri, Roberto Rampi, dem dalle origini. Ragionamenti spazzati via dalla scelta del Nazareno di sostenere Cappato. Decisione che non è piaciuta né ai brianzoli, né ai cattolici dem per le posizioni su eutanasia, gpa e droghe leggere da sempre sostenute dal presidente dell’Associazione Luca Coscioni. Demos, il partito di Paolo Ciani, entrato nelle liste del Pd, ha già fatto sapere che non lo sosterrà. E, come lui, tanti altri dirigenti ed elettori dem.