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Alessia Morani avverte Elly Schlein: "Questo è un grosso errore"

Elisa Calessi
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A proposito dell'addio di un gruppo di dirigenti liguri, Elly Schlein ha commentato che, sì, è «un dispiacere» dopo di che se non si trovavano bene in un Pd che «si batte per il salario minimo, la scuola» allora «l’indirizzo era sbagliato prima».
Alessia Morani, avevano sbagliato indirizzo? 
«Bisognerebbe chiedere alla segretaria qual è l’indirizzo a cui si riferisce, se quello di Letta o di Zingaretti. Comunque quando se ne vanno dirigenti votati e riconosciuti sul territorio, credo sia un grande problema per una forza politica che fino a prova contraria è plurale, aperta e ha l’ambizione di essere a vocazione maggioritaria. Il tema è più profondo e non riguarda battaglie condivisibili ma il sentirsi a casa nel partito che si è fondato».
Lei si sente a casa nel Pd? 
«Il Pd è la mia grande passione. Le battaglie politiche si fanno da dentro, non da fuori. La dimostrazione è il rientro di Bersani e Speranza. Poi spetta a chi guida rendere la casa accogliente per tutti».

 

 

 


La segreteria ha anche ricordato che “il cambiamento incontra sempre resistenze, se il Pd avesse fatto sempre bene, una come me non avrebbe vinto le primarie”. 
«Il cambiamento incontra sempre resistenze, lo so bene, e la segretaria che ha vinto le primarie deve perseguirlo. Il tema è che il Pd ha una storia ed è l’essenza del partito. Pensare di cambiarla o cancellarla è un errore perché dietro ci sono milioni di democratici e questo fa perdere pezzi, gli addii degli ultimi mesi ne sono testimonianza. Serve un equilibrio tra la damnatio memoriae e il conservatorismo».
State resistendo al cambiamento? 
«Assolutamente no. Non vedo, però, il cambiamento all’orizzonte se si pensa di appoggiare un referendum su una riforma, il jobs act, che tutti abbiamo votato, da Bersani e Franceschini fino a Speranza e Damiano. Mi piacerebbe discutere di salario minimo e di come fare crescere la produttività ferma da 25 anni».
Si aspettava queste parole? 
«Chi esce sbaglia sempre, però servivano segnali maggiori di apertura da parte del nuovo gruppo dirigente. La segretaria ha posizionato bene il partito su alcune battaglie come quella del salario minimo e della sanità pubblica, ritengo che i dibattiti sul jobs act e sulle spese per la difesa potessero, invece, essere evitati».

 

 

 


Schlein sta spostando il Pd a sinistra. Cosa non va? 
«Non c’è nulla che non va nel fare politiche di sinistra, la mia storia parte dai Ds e non ho alcuna timidezza nel definirmi una donna di sinistra. Se però sei un partito avocazione maggioritaria devi saper parlare a più elettorati, non solo a quello di sinistra. Il mio modello è il Psoe di Sanchez, un partito al 30% capace di dare rappresentanza a tutti coloro che si riconoscono in un partito riformista e che credono nei valori dell’ uguaglianza e della giustizia sociale».
Magari al Nazareno non sono così dispiaciuti se un po’ di riformisti se ne vanno. Non crede? 
«No e mi auguro di no. Se invece io fossi nel nuovo gruppo dirigente mi interrogherei sulle motivazioni di questi addii, che non vanno sottovalutati e sui quali occorre aprire un serio confronto tra noi».
Zingaretti, che pure l’ha sostenuta alle primarie, si sarebbe fatto scappare la frase «con questa non prendiamo manco il 17%». Sorpresa?
«Sono rimasta francamente stupita, ma ciò che è importante è impegnarsi al massimo per fare in modo che il partito cresca non solo nei sondaggi, ma soprattutto nel consenso popolare».

 

 

 


Ci saranno altri abbandoni?
«Non ho la sfera di cristallo. Posso solo dire che spero di no”.
L’area di Bonaccini ha scelto di entrare in tutti gli organismi dirigenti. È stato uno sbaglio?
«Davanti agli interessi di un’area politica abbiamo messo l’unità del partito. Ovviamente la permanenza negli organismi dirigenti può essere ridiscussa alla luce di atteggiamenti poco unitari».
Come vede il futuro del Pd?
«I nostri avversari sono al governo e credo stiano facendo molti danni da un punto di vista culturale ed economico. Riorganizzare il campo del centro sinistra per tornare ad essere vincenti è la nostra priorità e il Pd deve essere il partito attorno a cui costruire un’alleanza convincente e vincente». 

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