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Pd, prove di "regime" a Roma: multe per le frasi sessiste

Andrea Valle
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Uno spettro si aggira per il Comune di Roma: quello dell’anonimo fustigatore pronto a bacchettare, anzi a sanzionare ogni consigliere, ma anche usciere, segretario, autista e assistente che si azzardi a pronunciare un termine poco rispettoso del genere, non in linea con il politicamente corretto che piace tanto ai progressisti. La questione non è da poco conto e il gruppo della Sinistra, che fa parte della maggioranza in Aula Giulio Cesare, ci ha fatto una tale battaglia che alla fine è riuscita a fare approvare la mozione facendo leva anche sui recenti fattacci di cronaca che hanno visto donne vittime di ex violenti e criminali. Ma un conto sono i drammi quotidiani, su cui tutti devono interrogarsi, altro è il politicamente corretto che si vorrebbe imporre con multe, reprimende pubbliche e crociate anti-maschio.

CORSI PER IL PERSONALE
Eppure il testo è passato in Assemblea capitolina, con grande gioia di Michela Cicculli, presidente della Commissione pari opportunità al Comune di Roma e grande sostenitrice anche del benessere sessuale, e del collega Alessandro Luparelli. Soddisfatti per il documento che dovrebbe servire a prevenire di «comportamenti sessisti e violenti», attraverso «l’adozione di una policy antimolestie, il sostegno allo sviluppo, attraverso programmi educativi, della cultura dell’uguaglianza». I due amici di Fratoianni ringraziano il sindaco Roberto Gualtieri che ha sostenuto questa iniziativa, insieme alle consigliere e ai consiglieri che hanno firmato insieme a noi la mozione o che l’hanno appoggiata. Ma esattamente cosa prevede questa mozione? Lo spiegano gli stessi Cicculli e Luparelli del gruppo capitolino Sinistra Civica Ecologista. «L’atto che abbiamo votato impegna l’amministrazione a procedere con ancor più forza e determinazione per prevenire la violenza di genere, in tutti i suoi aspetti. Nello specifico la mozione prevede di garantire, all’interno di Roma Capitale, ambienti di lavoro sicuri che rilevano, decostruendoli, i comportamenti sessisti e violenti, di dotarsi di un codice contro molestie e discorsi sessisti, di assicurare la parità nella vita pubblica. La mozione attribuisce particolare importanza anche ai percorsi di educazione e formazione.
 



Si propone di organizzare su queste tematiche corsi per l’Assemblea capitolina e per tutto il personale capitolino e, più in generale, di attuare programmi educativi per sviluppare la cultura del rispetto, della tolleranza, della non discriminazione e dell’uguaglianza». Cicculli, che in passato è stata oggetto di insulti dopo il caso delle presunte molestie avvenute nel corso del raduno degli alpini a Rimini (mai confermate), è particolarmente agguerrita nella difesa del genere, ma a sinistra c’è un’altra ossessione: quella del fascismo, per cui i compagni vedono fascisti ovunque. Così il gruppo capitolino del Pd, in assenza di argomenti, si è lanciato ora nella crociata per impegnare il sindaco Gualtieri e la Giunta comunale di Roma Capitale a promuovere presso il Consiglio regionale del Lazio l’introduzione dell’espresso riferimento al valore dell’antifascismo nello Statuto regionale, così come previsto dalla proposta di legge depositata in Consiglio regionale dalla consigliera Pd Eleonora Mattia. Lo scrivono in una nota la capogruppo dem in Campidoglio, Valeria Baglio, e il presidente della commissione Roma Capitale, statuto e Innovazione tecnologica Riccardo Corbucci.

«Con questo atto», si legge, «la maggioranza di Roma Capitale impegna inoltre nel testo, «la Giunta Gualtieri a escludere da qualsiasi tipo di incarico istituzionale i soggetti che si richiamino all’ideologia neofascista, alla sua simbologia, alla discriminazione razziale, etnica, religiosa o sessuale e di escludere da qualsiasi tipo di beneficio, finanziato o concesso dal Comune o con fondi regionali, nazionali ed europei i soggetti e le organizzazioni che abbiano richiami all’ideologia neofascista, alla sua simbologia, alla discriminazione razziale, etnica, religiosa o sessuale nel loro statuto, sui siti internet e sui social network». Gli esponenti della sinistra citano Roma «medaglia d’oro al valor militare per la Resistenza e gli eventi che, «nonostante facciano parte del Dna della nostra storia, sono stati di recente sminuiti persino da alte cariche dello Stato». Insomma, la polemica è evidente, specie oggi che a Palazzo Chigi siede un pericolosissimo premier di destra (che durante il fascismo non era neanche nato) e la seconda carica dello Stato è Ignazio La Russa a cui la sinistra non perdona nulla. La verità, però, è che l’antifascismo è già nello statuto regionale che si rifà alla Costituzione antifascista per definizione; per cambiare lo statuto del Lazio non basta una legge regionale, ma serve una riforma approvata con una maggioranza qualificata, e l’antifascismo è assente in quasi ogni statuto regionale d’Italia. Perché si insiste con il Lazio? Perché la sinistra è ossessionata e non tollera governanti di destra. 

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